Un anno e sei mesi di reclusione al boss Francesco Bidognetti e un anno e due mesi al suo avvocato, Michele Santonastaso: è la sentenza letta poco fa dal Tribunale di Roma nel processo per le per le minacce rivolte in aula durante il processo di Appello “Spartacus” a Napoli, nel 2008 contro i giornalisti Rosaria Capacchione e Roberto Saviano. Un vero e proprio editto contro il quale i due cronisti avevano chiesto giustizia. In aula al momento della lettura del dispositivo, insieme alle due parti offese c’erano anche il Presidente della federazione Nazionale della stampa Italiana, Giuseppe Giulietti e il Presidente di Articolo 21, Paolo Borrometi. Il Tribunale ha riconosciuto il danno causato da Bidognetti e Santonostaso alla Fnsi e dunque a tutti i giornalisti italiani rappresentati nel processo dall’avvocato Giulio Vasaturo che all’uscita dagli uffici giudiziari di Roma ha parlato di “straordinaria vittoria per la libertà di stampa, riconosciuta contro l’arroganza e la violenza espressi dal clan dei casalesi”. Soddisfazione è stata espressa dal Presidente della Fnsi che ha ribadito come sia “necessario stare accanto ai cronisti, tutti, famosi e meno famosi nelle loro battaglie contro la criminalità organizzata. Chi colpisce un giornalista colpisce tutti noi, per questo siamo qui oggi”. “Speriamo – ha aggiunto – che da questa sentenza arrivi il messaggio che non si può impunemente aggredire chi fa informazione, né che si possa fare in una aula di giustizia. Noi saremo sempre al fianco dei cronisti, anche quelli meno noti, precari, o che non hanno la forza di denunciare. Una sentenza che ci impegna ad essere sempre più presenti”. Nel verdetto risulta assolto per non avere commesso il fatto il terzo imputato, l’avvocato Carmine D’Aniello. Come si sa l’accusa era di minacce aggravate dal metodo mafioso.
“Questo processo non risarcisce, ma è stata una lunga battaglia che ha dimostrato come il clan dei Casalesi non sia invincibile. – ha detto lo scrittore Roberto Saviano a commento della sentenza – E’ stato un processo delicato che ha raccontato come un clan abbia cercato di intimidire chi scriveva del suo potere. Una sentenza che mi dà speranza, ma che non mi restituirà i 13 anni di dibattimento e i 15 anni di vita sotto scorta. Vivere sotto protezione vuol dire vivere perdere la propria vita. Sono contento anche per Rosaria Capacchione, vittima di anni ferocissimi e sottoposta ad attacchi. Sono contento, infine, che questa sentenza sia stata pronunciata a Roma perché dimostra come il problema della criminalità non riguardi solo il Sud”.
(Nella foto Francesco Bidognetti, figura apicale del clan dei casalesi)