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SuperLega. Soldi e potere si scontrano in campo aperto

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Il calcio è di tutti, ha ragione il tecnico del Sassuolo, De Zerbi. La secessione è alle porte e se avrà un popolo dietro, vincerà, come la storia ci insegna. Ma in questa guerra di soldi sono tutti contro tutti, è difficile distinguere i buoni. Popolo e populismo sono nati proprio nel calcio, curve e tifoserie. La vicenda non nasce oggi, sono vent’anni che il calcio (in Italia e nel mondo) pratica la sua secessione strisciante, il sistema sportivo fa finta di niente e si mostra incapace di riformare se stesso. Il sistema politico-istituzionale lascia fare, in fondo è sport. Il bubbone scoppia in una notte d’aprile: per qualcuno è una moderna rivoluzione, per altri il collasso. Soldi e potere si scontrano in campo aperto, capiremo meglio che cosa sta succedendo strada facendo.

Conviene però drizzare le orecchie: la lezione basti a smettere di considerare lo sport come un pezzo isolato della società. Lo sport è responsabilità di tutti, è realtà sociale. Se non è politica pubblica diventa politica privata, i fatti di questi giorni stanno a dimostrarlo. Ma, quali saranno le conseguenze sociali di questa guerra di secessione chiamata Super League? In molti stanno analizzando in queste ore le conseguenze economiche, quelle sportive e quelle politiche, visto che persino i governi e l’Europa si stanno muovendo. Quelle sociali, come per il Covid-19, saranno profonde e imprevedibili.

La fonte del focolaio non sono venditori di pesce in un mercato dall’altra parte del mondo ma uomini freddi: un comunicato secco in cui si annuncia la nascita della Superlega, una sorta di Campionato di calcio tra le più ricche, potenti e blasonate squadre europee, dal Real Madrid, al Liverpool, al Barcellona. Qualcuno può impedirlo? Per ora sono 12 ma la campagna acquisti è partita. Tutte hanno pubblicato lo stesso comunicato, che termina così: confidiamo “che la Super League crei valore a lungo termine per la Società e per l’intero movimento calcistico…Tuttavia, la Società non può al momento assicurare che il progetto sarà effettivamente realizzato né prevedere in modo preciso la relativa tempistica”.

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Di che cosa parlano? La spiegazione di quanto è successo nella notte di domenica 18 aprile è tutto in quegli “ovviamente” e “naturalmente” con i quali è infarcita la comunicazione di uno dei vari siti di tifosi delle tre squadre italiane che stanno facendo le valigie: Juventus, Milan, Inter. Uno a caso tra i tanti popolarissimi siti che insieme alle radio e alle tv private, usano la retorica delle grandi occasioni: “storico annuncio”. Scrivono che chi ha ascoltato il presidente Agnelli (degli altri due club italiani è più difficile persino capire chi c’è dietro e ricordare i nomi dei presidenti) “non dovrebbe sorprendersi di quanto sta accadendo”. Ovvero del fatto che di fronte ad “un’audience potenziale così estesa fosse necessario incrementare l’appeal del movimento calcistico europeo”. Chiamateli benefattori, o messia, se preferite. E qui anche i guru del marketing mondiale farebbero bene a guardarsi allo specchio quando parlano di etica o di “impatto sociale”. Così come tutti quelli che si accomadano sul sofà perchè lo sport “va tenuto separato dal resto, dalla politica”. Brrrrrr!

Per i club italiani della “sporca dozzina”, i soldi che entrano  attraverso i diritti tv di Campionato di calcio di serie A (840  miliardi a stagione) più quelli della Champion (stimati in 280 l’anno) sono pochi. Perchè i tre più grandi si dovrebbero far carico di tenere accese le luci di tutto il carrozzone visto che loro pagano di più? Non è un caso che sette dei dodici fondatori della Superlega, siano i club calcistici più indebitati d’Europa, come scrive il sociologo Pippo Russo sul Domani. Quel debito, che per alcuni di essi supera il miliardo, è la clava che usano contro stati e istituzioni sportive. Ricatti, finanza globale, spy stories: altro che fair play e non profit, di cui parla la Carta Olimpica, il documento che dovrebbe reggere lo sport moderno e che viene sguainato a corrente alterna da chi governa il sistema sportivo.

Partiamo proprio da qui per immaginare una prima conseguenza sociale della Super-Lega-Affaire: che fine farà il sistema sportivo italiano, incapace di riformarsi e di accreditarsi davvero come l’agenzia di riferimento di tutto lo sport, da quello sociale e per tutti a quello di vertice, olimpico e di prestazione assoluta? E la credibilità dell’interno sistema e delle Federazioni internazionali? La frattura è interna al sistema professionistico, alla Lega, d’accordo. Ma le istituzioni sportive non dovrebbero essere quelle che mitigano gli istinti selvaggi del turbocapitalismo sportivo? Garanti di valori, ideali, neutralità?

E ancora: il contesto che stiamo vivendo con la crisi Covid-19 che si prolunga da oltre un anno sta distruggendo lo sport sociale e di base “La vicenda Superlega rischia di portare conseguenze disastrose sull’intero sistema sportivo – dice Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – e relegare ancor di più, “nel sottoscala” delle priorità, i valori dello sport sociale e l’importanza di quelle decine di migliaia di associazioni e società sportive di base che a causa della pandemia rischiano letteralmente di sparire”. Questo sport è il grande fenomeno sociale del nostro tempo, rappresenta relazioni e salute, chiede di essere ascoltato, di avere sostegni e pari dignità. Chi è in ascolto?

A proposito di conseguenze sociali e di educazione alla vita. Sottostare ai capricci e ai ricatti dei padroni del calcio, al mondo incantato e costoso che loro stessi hanno creato, ai castelli di carte bollate dei diritti tv (o via internet) che hanno creato: chi si incarica per primo di dire basta? Se la piramide si è rotta, tutto l’indotto del calcio giovanile andrebbe rifondato su basi nuove e trasparenti, capaci di trasmettere valori di partecipazione e inclusione, fuori dalla dittatura del reclutamento e della selezione.

Si chiama passione, ed è quella che regge tutto. Gli uomini freddi capaci di calcolare profitti, lo dimenticano. Grazie a Luciano Minerva che l’ha riproposta e a Fausto Pellegrini che la realizzò per Rai International (Roberto Morrione complice, ricordiamolo), ascoltate questa intervista a Zdeneck Zeman: “Ci sono valori che hanno fatto appassionare la gente, i bambini, al calcio. Io non lo so se con i soldi si possono comprare le passioni della gente”.  Era il 1998, con le sue dichiarazioni sul doping venne accusato di destabilizzare il sistema.

https://www.facebook.com/fausto.pellegrini61/videos/2946911385540417


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