Arriva da Mosca l’ennesimo allarmante bollettino sulle condizioni di salute di Alexei Navalny. Questa volta si parla di rischio di morte imminente, dovuto alle severe compromissioni renali che potrebbero innescare da un momento all’altro un deterioramento letale del ritmo cardiaco. Il drastico peggioramento delle condizioni generali dell’oppositore si è verificato a seguito del rigido regime di sciopero della fame, a cui lo stesso ha deciso di sottoporsi dal 31 marzo scorso, unito alla negazione delleadeguate cure mediche che il suo caso richiederebbe. Sono infatti gli stessi medici di fiducia di Navalny – già precedentemente arrestati – a tenere alta la luce sul caso, e denunciare il rifiuto del Cremlino a trasferirlo in una struttura sanitaria. Dallo stesso intento è stata mossa la madre di Navalny, Liudmila Navalnaya,che attraverso un post su Facebook ha evidenziato le condizioni di salute del figlio. Ma l’account è stato prontamente bloccato.Parallelamente, procedono le accuse della procura di Mosca contro il fondo anticorruzione di Navalny, che potrebbe quindi essere dichiarato un gruppo estremista. Tale categorizzazione comporterebbe per gli organizzatori la condanna a pene detentive fino a dieci anni. Navalny continua ad essere rinchiuso nella colonia correttiva numero 2, nota per essere tra le carceri più rigide della Russia. A fronte di un’insufficiente mobilitazione sul piano politico internazionale, sono soprattutto gli esponenti del mondo della cultura di massa a mobilitarsi in nome del rispetto dei diritti umani. In settanta, tra artisti e premi Nobel, si sono indirizzati direttamente al Presidente russo, affinché “Navalny riceva immediatamente attenzione medica adeguata e le cure urgenti di cui ha bisogno e alle quali ha diritto come tutti i cittadini russi”. Per prendere reale coscienza della gravità della situazione, occorre considerare Navalny un simbolo che trascende qualsiasi ideologia o schieramento politico. Si tratta di un cittadino privato di diritti innegabili – anche in condizioni fisiche estremamente compromesse – da parte di uno stato che è parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite.