Care amiche e cari amici, molti di voi hanno condiviso con me l’esperienza della Rai e si ritrovano adesso , in pensione, a non smettere di credere in una riforma del servizio pubblico che le dia finalmente quell’autorevolezza e quell’autonomia per cui ci siamo tanto battuti.
Perciò ho deciso di candidarmi al consiglio di amministrazione della Rai, inviando il mio curriculum- come prevede la legge- a Camera e Senato.
Un’iniziativa personale, fondata sulle seguenti convinzioni:
-Di fronte all’esplosione dei social network e alle infinite possibilità di consumo, il servizio pubblico deve sganciarsi da quello che è attualmente un pluralismo fittizio e concentrarsi su un’autentica completezza dell’ informazione, che sia valida per tutte le stagioni e non solo quando fa comodo a uno schieramento o all’ altro. Inoltre, deve essere competitivo a livello internazionale. Il mondo non può sfilarci sull’I phone o sul pc e sparire dagli schermi Rai. Inoltre il servizio pubblico deve creare formati e prodotti capaci di sfidare i canali internazionali.
-E’ vero che i vertici Rai sono nominati dalla politica, ma le esperienze straniere dimostrano che questo meccanismo è conciliabile con stabilità e autonomia nella conduzione dell’impresa. Basta separare le fonti di nomina e le funzioni di controllo ed adottare accorgimenti opportuni. E’ il vecchio problema della governance, finora irrisolto.
-Bisogna ri-delineare la funzione specifica del soggetto pubblico (la Rai è cristallizzata in un ibrido penalizzante) rispetto alla tv commerciale e uscire dalla gabbia del duopolio.
Non mi dilungo.
Siamo in tanti a ragionare con passione intorno al tema servizio pubblico, soprattutto in questo periodo in cui vorremmo che il Parlamento, oltre a nominare i consiglieri di amministrazione, avviasse finalmente un’iniziativa organica sulla Rai.
Grazie dell’attenzione.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21