L’apparizione e lo sguardo
“Troppa grazia”, di Gianni Zanasi, Italia, 2018.
Ci sono film che possono prescindere da qualsiasi trama. Questo di Zanasi (mai così bravo dai tempi di “A domani”), ne è un chiaro esempio. Una prodigiosa Alba Rohrwacher mette a disposizione della cinepresa i suoi mille sguardi di donna alla ricerca di se stessa e degli altri. L’apparizione della Madonna è per Lucia l’occasione per raccontare dubbi e tormenti figli di una contemporaneità che ci costringe a frantumarci e ricomporci incessantemente. Il suo è un viso sgomento e perplesso che sembra miracolosamente rinnovare quello della Vitti messa in scena da Antonioni. Poco importa se la trama si perde, se il racconto latita, basta solo uno sguardo per dire tanto altro, ma davvero tanto…
ll post mondo e la periferia.
“Lo zio di Brooklyn”, di Ciprì e Maresco, Ita, 1995.
Se per Pasolini la periferia dei sottoproletari era l’ultimo confine dell’umanità, raccontato, dunque, in tutta la sua ineludibile tragedia, per Ciprì e Maresco questo mondo, trent’anni dopo, diventa farsa tragica, dramma senza più dramma, realtà senza più Storia. Per questo, davanti alla beffa umana, c’è solo la logica della risata che, nonostante ogni sforzo, non arriva. E lo sguardo finale di Bernardo in macchina è solo l’addio di tutti noi e a tutti noi, già uomini…
La poesia della messa in scena
“Io la conoscevo bene”, di Antonio Pietrangeli, Ita,1965.
Capolavoro assoluto, nel quale Antonio Pietrangeli mostra di aver appreso al meglio la lezione del maestro Roberto Rossellini. Come quest’ultimo in “Stromboli”, 1950, “Europa ’51”, 1952, e “Viaggio in Italia”, 1954 (cito questi perchè anch’essi tutti film al femminile), anche Pietrangeli focalizza la condizione di alienazione della sua protagonista Adriana con sequenze in cui questa è da sola in scena, lo sguardo perso nel vuoto, dedita alle cose più inutili. Non accade nulla, tranne che per lo spettatore, il quale riesce ad immergersi nella sua solitudine e tristezza. E’ così che Pietrangeli ci dice tutto della sua protagonista, illusa e tradita dall’apparente benessere del boom economico. Attraverso piani sequenza semplicemente perfetti, il grande regista romano mette in scena quel senso dell’attesa che consente di fondere magicamente realtà e finzione. Tutto accade sotto i nostri occhi, che alla fine sapranno tutto di Adriana. Noi sì che la conoscevamo bene…