Con la scomparsa di Filippo di Edimburgo si conclude ufficialmente un’epoca. Se a porre fine al Novecento, in casa Windsor, aveva ampiamente provveduto la sfrontata, sbarazzina e inafferrabile Lady D., con l’addio al principe consorte, noto per le sue gaffe, il suo anacronismo, la sua esuberanza e il suo essere un aristocratico dai tratti ottocenteschi, se ne va per sempre la famiglia reale della tradizione. La nuova corona è globale, ha il volto giovane di William e Kate, molto più di quello compassato di Carlo e della sua bizzarra consorte Camilla, parla la lingua dei nuovi media e padroneggia assai bene la comunicazione, cosa che il vecchio Filippo, invece, non ha mai saputo fare, risultando spesso impacciato, fuori luogo, un pesce fuor d’acqua che destava simpatia per il suo essere incredibilmente improponibile.
A giugno avrebbe compiuto cento anni: un anniversario imponente che non ci sarà. Il Regno Unito, scosso dalla Brexit e dal Covid, non ha pianto: è stato un addio senza lacrime, senza eccessiva commozione, probabilmente atteso, non in grado di sconvolgere più di tanto un paese che sista faticosamente rialzando dai suoi traumi e che ha una voglia matta tornare a vivere, a ridere, a recarsi al pub.
Filippo appartiene, in tutti i sensi, al passato, pur essendo stato per decenni una colonna portante della famiglia reale e un punto di riferimento imprescindibile per la regina, che il prossimo anno festeggerà i settanta di regno. Nell’immaginario collettivo, un personaggio come lui era già degno di stare sui libri di storia, tanto appariva lontano da questo tempo frenetico, dai nuovi linguaggi, dalla modernità e dal bisogno collettivo di guardare avanti.
Se ne va dopo un secolo di onorato servizio, lasciando dietro di sé una miriade di battute infelici ma anche un portamento regale, un’ironia talvolta involontaria, comunque sempre tagliente, una discreta nobiltà d’animo e la maestosa follia di chi è nato a cavallo tra le due guerre mondiali e ha detto addio al mondo mentre sta sbocciando realmente il Ventunesimo secolo. Con questi nostri giorni, uno come lui non c’entrava nulla. È, dunque, uscito di scena con tempismo perfetto, come solo i grandi protagonisti sanno fare.
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