“L’amore finisce, non preoccupatevi”: fatevene una ragione (e spiegatelo ad Antonello Venditti); “l’invenzione della rucola”: splendida, ma come facevano i vegani a farne a meno?; “coraggio, il meglio è passato”: abituatevi alla frugalità. Come tutti gli umoristi geniale, Enrico Vaima (nato a Prrugia nel 1935 e deceduto a Roma pochi giorni fa)era un uomo felpato, mordace,melanconico ed ombroso sino al disincanto ‘senza ritorno’. Introverso ma non misantropo era semmai aduso ad improvvise accensioni di entusiasmo e altrettante inabissamenti di disillusione. Autore teatrale, televisivo, di cabaret e commedie musicali, avrebbe potuto –per quel po’ che ebbi a conoscerlo frequentando il Teatro Sistina- addossarsi egregiamente anche il ruolo di regista, se non avesse ceduto alla latente pigrizia (discontinuità di rendimento) e del tutto restio a confrontarsi e infastidire “giganti” del tito Antonello Falqui, Garinei e Giovanni, Eros Macchi e altri ancora.
Eclettico, versatile, infaticabile, Enrico Vaime –deduzione personale- collocava il suo estro all’incrocio fra “la solitudine del satiro” tipica di Ennio Flaiano e la benevolenza sarcastica del “signore di mezza età” amabilmente coniato da Marcello Marchesi per la televisione (in bianco a nero) dei primi anni sessanta. Il tutto corroborato dai suggerimenti, le collaborazioni, i ‘nomi in ditta’ a lui offerti dal suo riconosciuto maestro Italo Terzoli, apripista quasi ‘mitico’, sin dagli anni cinquanta, dei programmi d’intrattenimento del sabato sera (fu lui a imporre Nino Manfredi, nella maschera del pastorello ciociaro, in una storica edizione di “Canzonissima”).
Fresco di laurea in giurisprudenza conseguita a a Napoli, Vaime “entrò” in Rai nel 1960, tramite un concorso pubblico per autori e programmisti, destinato nei due anni successivi alla sede di Milano dell’azienda e per due anni fu assegnato alla sede milanese dell’azienda. Fu la sua fortuna, poiché invogliato ad interfacciarsi con tutto quel modo di attori e ‘creativi’ (successe pure a Umberto Eco) che gravitavano intorno al Derby Club; da Gaber a Jannacci, da Cochi e Renato e Franco Nebbia e Dario Fo. Fu così che “temerariamente”,nel 1963, debuttò con pochi soldi e tanta speranza quale autore di “Con I piedi al caldo””, commedia che andò incontro a diverse tribolazioni con la censura televisiva del tempo.
Ne nacque una schietta amicizia con l’indimenticato (e già citato) Franco Nebbia, unico cantate\attore capace di scrivere i suoi versi in provocatorio e impeccabile latino con il quale diede vita al Teatro Cabaret Nebbia Club e firmando i suoi contributi con lo pseudonimo Poppi (“per fare indispettire Ponzoni e Pozzetto”)
La metà degli anni sessanta consolidarono il successo di Enrico Vaime, 0rmai “indispensabile”e trasversale alle produzioni radiofoniche e televisive . Collaborò così alla stesura di tante emissioni di successo: “Quelli della domenica” (che ‘rivoluzionò, specie con l’arrivi di Paolo Villaggio. il pomeriggio domenicale dell’Italietta sonnacchiosa), molte “Canzonissima”, “Tante scuse”. “Risatissima”.
Incoraggiato dagli estimatori (Maurizio Costanzo e Luciano Salce, fra i primi), Vaime iniziò a cimentarsi anche con la fiction (“Un figlio a metà”, “Italian Restaurant”, “Mio figlio ha 70 anni”)-ma subito di ritorno alla ‘casa madre’ del Sistina di Roma con i numerosi musical interpretati da Gino Bramieri, Walter Chiari, Delia Scala-E, sempre a fianco di Garinei e Giovannini, coautore di una lunga lista di successi popolari e internazionali: “Felicibumta”, “Anche i bancari hanno un’anima”, “La vita comincia ogni mattina”, “Pardon Monsieur Molière”, “Una zingara m’ha detto”, “Scugnizzi”.
Invogliato da Enrico Montesano seppe sfruttarne il talento fescennino per “Bravo!”, “Beati voi” e “Malgrado tutto beati voi”
Ad inizio degli anni settanta curò, con Umberto Simonetta, i testi della miniserie televisiva “Il giro del mondo in 80 giorni” con i pupazzi animati di Giorgio Ferrari e la regia di Peppo Sacchi. Nel 1985 diresse la rassegna “Addio Cabaret” al Teatro Flaiano di Roma. Non trascurando l’editoria scritta con volumetti satirici e pensierosi, tra i quali meritano citazione “Amare significa”, “Tutti possono arricchire tranne i poveri” (dalla lezione di Zavattini), “Le braghe del padrone”, “Perdere la testa”, “Non contate su di me”.
Da manuale (di imbronciato opinionista ‘mordi e fuggi) le sue rubriche di critica di costume trasmesse negli ultimi anni da Telemontecarlo prina e da La 7. “Enrico coglieva la banalità e la vacuità che sta sotto i mostri occhi, ma che nessuno riesce a vedere e sbugiardare” – ha commentato il suo amico metereologo Paolo Sottocorona. Sintesi impeccabile.