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Doppio stop di Draghi ad Agnelli-Elkann

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Fiat, Fca, Stellantis. L’impero automobilistico della famiglia Agnelli-Elkann si espande sempre di più nel mondo: adesso è il quarto gruppo del pianeta con ben 14 marchi di auto italiane, americane, francesi, tedesche, inglesi.

Nonostante il Coronavirus Stellantis, neonata multinazionale generata dalla fusione tra Fca e Psa, va abbastanza bene anche se in Italia le fabbriche del gruppo sono in forte sofferenza per i ritardi degli investimenti in nuovi modelli.

Ma è proprio dall’Italia che sorgono inaspettatamente nuovi problemi per Exor, la finanziaria della famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria di tante altre società oltre a Stellantis. I problemi, impensabili in passato, sorgono perfino con il governo italiano. L’ultimo grattacapo arriva dal calcio, dalla Juventus. Mario Draghi ha bocciato la nascita della Superlega calcio alla quale ha aderito la blasonata squadra bianconera presieduta da Andrea Agnelli. Il presidente del Consiglio ha sostenuto «con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport». In sintesi: un duro no di Draghi al nuovo modello di calcio europeo per “ricchi”, basato esclusivamente sui club europei più forti.

Un altro colpo a Exor, guidata da John Elkann, è arrivato da Draghi. È saltata la trattativa per vendere l’Iveco al gruppo cinese Faw Jiefang. Formalmente il negoziato sarebbe naufragato sulla cifra d’acquisto ritenuta insufficiente (circa 3,5 miliardi di euro) ma avrebbe pesato anche la contrarietà del governo italiano a cedere a mani estere un settore strategico dell’industria come quello dei veicoli pesanti (sarebbe scattata la cosiddetta “golden power”). Non a caso il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti è soddisfatto della mancata vendita ai cinesi. Ha annunciato di ritenere strategica la produzione dei mezzi pesanti su gomma. Così il governo «è pronto a sedersi al tavolo per intervenire per tutelare e mantenere questa produzione in Italia».


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