Gianroberto Casaleggio se ne è andato cinque anni fa, a soli sessantuno anni, dopo aver cambiato per sempre la politica italiana. Se in meglio o in peggio sarà la storia a stabilirlo. Cio che è certo è che il figlio Davide non ha la stessa ispirazione visionaria né la stessa lungimiranza e, meno che mai, la stessa competenza politica. Cosa avrebbe pensato e detto il padre dell’evoluzione del Movimento che aveva contribuito a fondare non è dato saperlo, e non saremo certo noi ad attribuire strumentalmente pensieri e riflessioni a una persona che, purtroppo, non c’è più.
Gianroberto Casaleggio mi ha sempre destato impressione. Per le sue idee, alcune delle quali piuttosto singolari. Per la sua concezione dello stare insieme: in parte olivettiana, e pienamente condivisibile, in parte distopica e, sinceramente, esagerata. Per la sua eccessiva rigidità nei comportamenti e nelle pretese, al punto da apparire spesso impolitico e persino pericoloso per la tenuta del sistema. Casaleggio era un rivoluzionario: voleva abbattere il sistema esistente e, per certi versi, aveva anche ragione. Ha scelto, tuttavia, il modo sbagliato, conducendo più una crociata che una campagna elettorale e non comprendendo che la politica ha le sue regole, i suoi linguaggi e tutto ciò che il M5S ha imparato a proprie spese in questi anni di governo.
Non sappiamo se davvero Casaleggio volesse che la sua creatura arrivasse al potere, che conoscesse i fasti delle stanze romane, le comodità ministeriali, l’ebbrezza che l’arte del comando spesso trasmette. Non sappiamo se la sua utopia internettiana non si fermasse un attimo prima, non prevedesse solo la denuncia, l’assalto al cielo, la battaglia ideale, senza dover fare i conti con le difficoltà che sempre caratterizzano l’agire.
Non sappiamo dove sarebbe, cosa farebbe e come la penserebbe oggi questo folle inventore di idee e questo bizzarro costruttore di pensieri nuovi. Sappiamo solo che, in qualche modo, dobbiamo dirgli grazie perché, comunque, ha avuto il merito di mostrarci un’altra idea di mondo, mettendo in discussione disvalori che la stessa sinistra, per troppo tempo, aveva considerato alla stregua di dogmi. Il M5S è stato, al contempo, un’assurdità e un’avventura entusiasmante, un sogno e un incubo, tutto e il suo contrario, un ossimoro vivente che ora spetta a Giuseppe Conte provare a trasformare in un partito, con le caratteristiche che esso deve avere per risultare spendibile nell’agone della politica.
Gianroberto Casaleggio non era un politico: non sapeva e non voleva esserlo. Era un idealista, virtù rara di questi tempi. Nel consenso e nel dissenso, la sua memoria merita onore e rispetto.
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