Il lago di Bracciano, ricco di storia e di preistoria, luogo ameno e meta turistica dei romani che per il lago rinunciano talvolta al mare, rischia l’inquinamento totale perché da alcuni anni viene saccheggiato della sua preziosissima acqua da una rapace società concessionaria del Comune di Roma, peraltro presto in tribunale per disastro ambientale.
E’ una storia che risale a cinque anni fa e che coinvolge molti soggetti in una vicenda che vede intrecciati speculazione commerciale, sfruttamento ambientale e interesse politico: la società concessionaria che ha fatto firmare ai sindaci dei comuni rivieraschi contratti-capestro che hanno autorizzato il prelievo dell’acqua del lago oltre le più elementari norme di salvaguardia dell’ambiente naturale; i comuni che hanno “venduto” l’acqua del lago per il proverbiale piatto di lenticchie ma si sono assicurati la benevolenza dei potenti politici locali; gli operatori commerciali che hanno approfittato delle ferite inferte al lago dalle idrovore che ne hanno abbassato il livello oltre ogni misura e hanno occupato le sponde rimaste a secco con impianti turistici spesso senza autorizzazione.
Questi i tanti nemici del lago, mentre sono davvero in pochi a difenderlo in questa impari lotta. Fra questi il Comitato di Difesa del lago di Bracciano e del vicino fratello minore Martignano. I suoi componenti sono i soli a spendere energia, parole e fatti nel proteggere il lago dai continui assalti. Lo fanno solo per amore dell’ambiente non certo per calcolo mercantile e si fanno ogni giorno dei nemici fra la stessa popolazione lacustre, non tutta interessata alle sorti del lago. Sono loro, quelli del Comitato di Difesa, a chiedere alla magistratura di intervenire quando ogni altra strada appare inutile.
Il 27 aprile prossimo il Tribunale di Civitavecchia, competente per territorio, deciderà se rinviare a giudizio i vertici di Acea Ato 2 con un’imputazione non da poco: disastro ambientale. Nell’occasione il Comitato di Difesa si dichiarerà parte civile. E si vedrà allora se tutti gli allarmi finora lanciati erano attendibili e se i pretesti per respingerli erano altrettanto mendaci.
Qual è dunque la politica portata avanti dal Comitato di Difesa? E’ riassunta nelle parole di un esperto che in una nota ha esposto i termini della questione: il professor Loreto Rossi, ordinario di ecologia presso il dipartimento di ecologia ambientale dell’università La Sapienza di Roma, è un’autorità nello studio dell’ecologia delle acque e vanta un’esperienza trentennale nella ricerca scientifica in ecologia funzionale degli ecosistemi naturali e antropizzati. Proponente di due progetti dell’Unione Europea per il recupero delle praterie rimaste sommerse in Malesia dopo un violento tsunami, e per lo sviluppo sostenibile del lago Titicaca in Perù, consulente dell’Unesco per il disastro del Mar di Aral in Kazakistan. Al lago di Bracciano il prof. Rossi ha dedicato di recente uno studio sulla dinamica dei nutrienti azotati. “Il lago di Bracciano rischia l’inquinamento totale”. Questo l’allarme lanciato dal professor Rossi in una nota resa pubblica dal Comitato di difesa.
“Il lago di Bracciano, spiega il prof. Rossi, costituisce un capitale naturale di grande valore sul quale non abbiamo diritto di possesso ma esclusivo dovere di protezione. La variazione di livello imposta dalla necessità di acqua potabile per la città di Roma e le aree adiacenti, resa urgente per l’incuria di chi doveva provvedere a reperire nuove fonti d’acqua, rinforzare le vecchie fonti e eliminare le perdite nella distribuzione ha portato gravi danni alla biodiversità lacustre. Un esempio è il rischio di estinzione di un’alga endemica presente solo nel lago di Bracciano. A rischio sono anche i servizi ecosistemici forniti dal lago, inclusa l’acqua potabile di cui necessita la Capitale. C’è infatti il rischio di perdita della capacità auto-depurativa lacustre che interessa le acque meno profonde dove il moto ondoso e laboriosi batteri svolgono il ruolo di denitrificazione, cioè di trasformazione e abbattimento di inquinanti azotati, quali sali ammoniacali e nitrati derivanti dai reflui zootecnici, agricoli, domestici e delle attività turistiche. E’ stata calcolata una perdita del 13% di questa capacità come proporzione di fondale rimasto scoperto dall’acqua in seguito all’abbassamento di livello del lago. Questo significa che attualmente se un pesce muore o il turismo preme sulle coste, il lago impiegherà il 13% di tempo in più per trasformare i composti azotati che ne derivano favorendo fenomeni di eutrofizzazione esplosivi, la perdita delle zone di riproduzione della fauna ittica e la riduzione della qualità dell’acqua per la balneazione e per il rifornimento idrico. Quindi, oggi, a causa della riduzione del volume d’acqua, l’ecosistema funziona a scartamento ridotto”.
Com’è noto, il lago di Bracciano non ha un immissario, ma è alimentato da polle sorgive subacquee. Ha invece un emissario naturale, il fiume Arrone , anch’esso in sofferenza perché il suo primo tratto è in secca per alcuni chilometri proprio perché l’acqua del lago è molto sotto al livello di sfioro. Per favorire la richiesta d’acqua potabile, la biodiversità e la funzionalità sia del lago di Bracciano che del fiume Arrone, secondo il prof. Rossi, “ le moderne tecnologie offrono due vie alternative: smettere di prelevare acqua dal lago o reimmettere nel lago quelle acque che, prima dell’attivazione del sistema di diversione (l’anello circumlacuale di raccolta acque reflue), raggiungevano il lago. Questa seconda opzione comporta ovviamente una efficiente depurazione delle acque prima di riversarle nel lago e quindi nel fiume Arrone, fino al mare. Oggi le chiuse destinate a riversare l’acqua al fiume Arrone si trovano ben al di sopra del livello lacustre e chi propone il loro abbattimento forse non ha chiara questa situazione perché l’acqua andrà all’emissario solamente quando il lago tornerà al suo livello di sfioro proprio dove sono attualmente situate le chiuse”.
Come si vede, i rimedi per salvare il lago di Bracciano dall’inquinamento totale ci sono, basta metterli in opera. Ma dovrebbe prevalere una coscienza ambientalista, quella oggi manca ancora a molti nostri amministratori.