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A Sud del Nord del Mondo, 11 racconti davvero convincenti

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“Invece di chiederci cosa ci sia dopo la morte, dovremmo chiederci cosa c’è prima della vita. O almeno questo era quello che pensava Muhd, che a tredici anni doveva essere più vicino alla risposta di quanto non lo sarebbe stato a cinquanta”. 

E’ questo l’esordio della prima storia – che dà il titolo alla raccolta – di “A Nord del Sud del Mondo”, un’antologia di undici racconti firmati da Matteo di Angelantonio edito da Pagine (139pp, 15 euro), in libreria da inizio aprile. L’autore, appena ventiquattrenne – laureando al DAMS, videomaker e fotografo e già autore di un cortometraggio che nel 2018 gli è valso la “Honorable Mention” all’Experimental Forum Film Festival di Los Angeles – con questo esordio sulla carta stampata, sorprende e incanta.

Il primo racconto porta il lettore in uno spazio senza tempo, un territorio quasi desertico, probabilmente una grande pianura magrebina. Muhd, il giovane protagonista, si trova a soli tredici anni a doversi confrontare con il rito d’iniziazione della sua tribù: deve imparate a cacciare, uccidere un capriolo. “Sapeva che la sua comunità non lo avrebbe mai proclamato uomo senza la sua prima preda, ma sapeva anche che non si sentiva pronto…”. Un racconto immaginifico, ricco di suggestioni, colori e finanche odori. 

In “Ala Nord, secondo piano, letto quattro” l’ambientazione cambia repentinamente: siamo in una grande città. Franco e Tommaso sono amici da sempre. Tommaso un giorno, durante un pranzo, inizia a star male. Nel ricoverarlo parlano subito di una colica. Nei giorni seguenti Franco rimanda di continuo la visita all’amico fino a quando, quasi due settimane dopo, decide finalmente di recarsi in ospedale. “Guarda che qui mi trattano davvero bene, che credi?” Franco accennò il primo sorriso. “Tra l’altro la mensa è davvero buona. Leggera e nutriente, sfiziosa il giusto…” “Quindi ti hanno ridato da mangiare.” “Si, menomale. Sono stato una settimana e mezzo senza, avevo il vuoto cosmico nello stomaco”. “Dell’intervento non si sa ancora niente?” domandò Franco. “No, niente intervento” “Ah, davvero? Splendida notizia” “Già!” 

Tra narrazioni superficiali e brevi pause, i due parlano d’altro, come se tutto fosse come sempre, come prima, anche se in mezzo a loro la malattia sta scavando un solco profondo. Non parlarne rappresenta purtuttavia una risposta, una modalità che aiuta a negarla e disconoscerla. Un racconto trasudante emozioni: paura, pathos, dolore, ma anche vita, che coinvolge e travolge il lettore. Così come pure “Guido”, un racconto incentrato sulla profonda solitudine della modernità. Sembra quasi vederli, Guido e Carla, seduti in un fast food spettrale, in un’anomica serata come tante di una grande città. O come l’ultimo, ambientato a Lisbona, che riporta alla mente le atmosfere tipiche dei libri di Pessoa.

Undici racconti, che nella loro profonda diversità sembrano proporsi quasi tasselli di un’unica rappresentazione, un unico puzzle sfaccettato di personaggi, trame e situazioni.

Pieni, vivi e vividi, quasi filmici. Capaci, nel breve volgere di poche pagine, di mettere il lettore al centro della narrazione quasi a renderlo spettatore attivo degli accadimenti. Una raccolta convincente, un esordio davvero promettente.


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