130 profughi morti. Ed è il solito scaricabarile di responsabilità

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Un altro naufragio. Un altro naufragio di profughi. Un altro naufragio di profughi tra i quali anche donne e bambini. Questa volta sono 130. Il quotidiano Avvenire ha scritto al riguardo partendo dalle dichiarazioni della portavoce dell’Oim, l’organizzazione dell’Onu per i migranti, Safa Mshli: “Gli Stati si sono opposti e si sono rifiutati di agire per salvare la vita di oltre 100 persone. Hanno supplicato e inviato richieste di soccorso per due giorni prima di annegare nel cimitero del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”.  Per la prima volta da molti anni, tre navi commerciali hanno deciso di unirsi alla Ocean Viking di Sos Mediterranee nella ricerca dei dispersi. I mercantili non sono stati coordinati da nessuna delle centrali di soccorso, a causa del solito scaricabarile tra Tripoli, La Valletta e Roma. Nell’area sono transitati anche velivoli di Frontex, ma nessun messaggio di allerta è stato diramato e la cosiddetta Guardia costiera libica, dopo essere intervenuta per intercettare un barcone con un centinaio di persone, non ha inviato nessuna delle motovedette di cui dispone a pattugliare l’area”.

Se questi sono i fatti le opinioni devono seguire. Loro sono certamente morti affogati. Ma siamo sicuri che a morire siano solo questi 130 migranti in oggetto? O non stiamo morendo anche noi, le nostre convinzioni, i nostri governi, i nostri sistemi politici?

Certo, chiudere la pagina, o girarla, è semplice. I fatti, on line, o sul quotidiano, scorrono. La velocità con cui scorrono dipende da noi, ma certamente la riflessione comunitaria, complessiva, collettiva, su quanto accaduto, non è stata all’altezza dell’accaduto. E non lo è da tempo ormai.

Dunque la questione non è tanto la necessaria pietas verso di loro, ma anche quella verso noi stessi: il tema di discussione dopo questa ennesima tragedia credo sia questo. Una tragedia che non può non ricordarci quanto accade in questi giorni e in queste ore in Bosnia, lungo la nuovamente rimossa rotta balcanica. La vera questione non è dunque quella di come siamo sopravvissuti? Alcune delle stesse voci “istituzionali” che periodicamente si levano per parlare di orrore, magari dopo aver sorvolato su questioni decisive all’inizio di questa autentica carneficina, contano poco.

Quelle che dovrebbero contare comunque sono le nostre voci. Le voci dei cittadini. Queste sono le voci che possono fare la differenza. Sperare è importante, ma anche urgente. Anni fa Carl Gustav Jung ci avvertì che le tragedie originano spesso da psicosi da massa. Pensare a questi 130 rimossi dal loro mondo è un dovere: almeno questo glielo dobbiamo.


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