“Indagine non conclusa, lo spettro accusatorio è destinatario più ad allargarsi che registringersi”. A 24 ore dal blitz che ha travolto la sanità siciliana e anche lo stesso Governo regionale, che ha scelto di far finta di nulla, a pesare è ancora il contenuto dell’ordinanza del gip del Tribunale di Trapani che ha mandato ai domiciliari tre funzionari dell’assessorato regionale alla Sanità a cominciare dal capo dipartimento incaricato di gestire la crisi pandemica.
L’avv. Ruggero Razza da ieri ex assessore regionale alla Salute in Sicilia è l’unico a poter parlare tra gli indagati, per falso materiale e ideologico, nell’inchiesta della Procura di Trapani sui falsi dati sul Covid trasmessi negli ultimi 5 mesi da Palermo a Roma, l’ultimo scandalo della sanità siciliana. I pericoli sulla diffusione del virus nascosti per fare bella figura. Una gran furbata. Indagine scattata a novembre scorso allorquando i Carabinieri di Trapani hanno scoperto anomalie nei risultati forniti agli utenti da un laboratorio d’analisi di Alcamo. Le intercettazioni subito attivate hanno però portato i Carabinieri a sentire come a tavolino venivano scritti i numeri sulla crisi pandemica (dai contagi ai decessi, dai ricoveri ai tamponi e relativi esiti) che dall’assessorato regionale alla Salute venivano trasmessi all’Istituto Superiore di Sanità.
Razza però ha deciso di stare in silenzio. Lo ha fatto ieri pomeriggio davanti ai pm Agnello, Morri e Urbani, che hanno alzato il coperchio di una pentola che ancora bolle e che lo hanno convocato per un interrogatorio. Lo ha fatto anche con i giornalisti, fuggendo di corsa uscendo dal Palazzo di Giustizia. Prima però di arrivare a Trapani ha scritto al presidente Musumeci rivendicando la correttezza del suo operato, il capo del Governo regionale ha detto di credergli ed ha assunto l’interim di un assessorato che ieri per la prima volta dopo un anno dall’inizio della crisi sanitaria non è riuscito a dare i numeri aggregati sulla rilevazione pandemica. Server vietato all’uso, i Carabinieri ieri per tutto il giorno sono stati impegnati a copiarne i contenuti. Lì potrebbero esserci le ulteriori prove su come in cinque mesi da novembre fino al 19 marzo, truccando i numeri, l’isola e alcune sue città come Palermo e Catania, o anche altre, hanno evitato di finire in zona rossa.
Palermo doveva diventarlo già lo scorso 19 marzo, Musumeci stesso era stato informato ed è stato sentito tirare un respiro di sollievo quando Razza gli ha detto che l’incidenza era inferiore. Numeri cambiati in corso d’opera. I pm però scrivono che per davvero Musumeci può dire che tutto è avvenuto a sua insaputa. Le intercettazioni sono il cuore dell’inchiesta per la quale sono finiti ai domiciliari la dirigente del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico, Letizia Di Liberti, deus ex machina (per lei i pm avevano chiesto il carcere), proprio lei che aveva firmato una direttiva alle Asp siciliane evidenziando che non trasmettere i dati correttamente avrebbe costituito grave omissione, e due suoi collaboratori, Emilio Madonia e Salvo Cusimano, peraltro suo nipote. Ogni giorno per ordine della Di Liberti c’erano dei numeri da non superare, delle soglie da rispettare, così come lei stessa concordava col suo assessore Razza, privato di buon mattino dai militari del Nas del suo telefonino. Indagati sono anche il suo vice capo di gabinetto Ferdinando Croce e il funzionario che operava al server, Mario Palermo.
Ciò che emerge dalle intercettazioni è che a Palermo una vasta platea sarebbe stata a conoscenza che i report erano taroccati, tra i consapevoli spunta anche il nome del medico Renato Costa scelto a Palermo dal sindaco Orlando come commissario per l’emergenza. Il gip Brignone ha firmato le misure cautelari ma ha trasmesso per competenza le carte alla Procura di Palermo (cosa che avverrà entro i prossimi 20 giorni). In oltre 200 pagine il gip ha espresso un giudizio pesante: “i fatti risultano di straordinaria gravità e la consapevole e volontaria alterazione di elementi conoscitivi rilevanti non può essere revocata in dubbio…Uno scellerato disegno che ha colpito la popolazione isolana, l’alterazione dei numeri, anche quelli sui decessi, ha impedito l’adozione di misure di contenimento più severe ed efficaci contro la diffusione della pandemia nel territorio siciliano”. Ma il gip delinea anche scenari possibili. L’indagine non è conclusa ed è all’inizio. I provvedimenti cautelari sono scattati perchè c’era da fermare quegli scellerati comportamenti, ma c’è da indagare. “La complessiva vicenda oggetto del presente procedimento necessita di ulteriori approfondimenti per individuare tutti i soggetti coinvolti e le falsità commesse…si rende necessaria l’acquisizione di tutta la documentazione rilevante, che consentirà di ricostruire compiutamente la catena dei falsi, rispetto alla quale le incolpazioni in esame costituiscono ragionevolmente solo un quadro parziale…è da ritenere che lo spettro accusatorio più che stringersi è destinato ad allargarsi”. Infine il gip ritiene che esista chi fuori dallo scenario penale abbia colpe di carattere morale.
Sostegno a Razza è arrivato dalla maggioranza che sostiene il Governo regionale e la stessa Giunta di Governo ha difeso l’ex assessore, “un uomo perbene”. Le opposizioni attaccano, il Pd ricorda le 50 interrogazioni sull’emergenza rimaste senza risposta, il presidente dell’ antimafia, Claudio Fava ha ricordato che mentre venivano truccati i numeri, Musumeci e Razza attaccavano il Governo Conte dicendo che le “furbizie non pagano”. Appunto viene da dire.
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