Tarantino ha solcato da par suo la strada aperta dal cinema di genere degli anni ’60 e ’70. Accade spesso che film considerati di secondo livello, western, fantascientifici, thriller, action movie e noir, rispetto a presunti capolavori mainstream, rappresentino al meglio lo spirito del nostro tempo. Quando poi sono presentati nella vetrina dei festival a loro dedicati, sono spesso quanto di più utile e coinvolgente per capire. Per esempio, crediamo, senza voler far torto al dolente e affascinante Favolacce dei fratelli D’Innocenzo, designato vincitore del popolare Premio Caligari, che The shift di Alessandro Tonda – grazie alla sua “medietà” – possa considerarsi uno di quei film che hanno le potenzialità del classico, ma anche che sono la degna cifra di una manifestazione come il Noir in Festival.
Qualcuno ha definito l’evento milanese “l’unico vero Sundance italiano.” Certo è che l’edizione del trentennale (8-13 marzo 2021) svoltosi, causa pandemia, on line su MYmovies, non ha deluso le aspettative del pubblico. Significativi sono stati questo anno i premi assegnati: il Black Panther Award è andato a Wildland, opera prima della regista danese Jeanette Nordahl, mentre per la sezione letteratura Tullio Avoledo ha conquistato il Premio Giorgio Scerbanenco con il suo Nero come la notte. Sul valore del film dei fratelli D’Innocenzo molto si è detto nei mesi passati sui media e nei festival, noi invece vorremmo soffermarci sul film di Tonda che lo proietta verso una luminosa carriera. Senza cadere in semplificazioni e pregiudizi il giovane regista italiano utilizza il genere noir per avvicinare il pubblico a temi complessi grazie ad una giusta dose di suspense. Già aiuto regista nella serie Tv Gomorra e autore nel 2015 di un amaro cortometraggio, The Bookmakers (visibile su https://www.youtube.com/watch?v=6XE0mu-AGZw), Tonda è passato con ottimi risultati al suo primo lungometraggio grazie a una coproduzione italo-belga. I personaggi dei suoi lavori sono dei borderline, dei disadattati, che si muovono in ambienti degradati. Se in The bookmakers al centro vi è il vortice delle scommesse – il protagonista è un lottatore di combattimenti clandestini che si sforza di vivere una vita normale con la sua compagna – in The shift l’abisso che si spalanca davanti agli occhi è quello del terrorismo islamico. Eden e Abdel, due giovani (ri)educati all’islam più intransigente da un imam radicale ne saranno travolti.
L’incipit del film è memorabile, un numero di alta regia che non permetterà più allo spettatore di schiodarsi dalla sedia. La cinepresa con un piano sequenza adrenalinico segue i due fin dentro l’atrio di una scuola di Bruxelles. Qui Abdel, dopo aver sparato all’impazzata sugli studenti, si fa saltare in aria prima del previsto con effetti terrificanti. “La bomba era caricata con chiodi e viti”. Tra le tante ambulanze accorse c’è quella guidata dall’autista italiano Adamo (il bravo Adamo Dionisi che ricordiamo in Suburra e in Dogman) con a bordo l’infermiera Isabel, che, accorsi sul posto, nel caos di sangue, fumo e urla, caricano sulla loro ambulanza un ragazzo privo di sensi senza immaginare che si tratta proprio di Eden, ferito ma sopravvissuto (il convincente Adam Amara).
Quando Isabel (la bravissima Clotilde Hesme, nota in Italia soprattutto per la serie Les Revenants) scopre che il ragazzo indossa una cintura esplosiva è troppo tardi. I due paramedici si ritrovano così oltre che ostaggi, anche consapevoli della possibilità di un altro attentato. Devono ubbidire altrimenti Eden premerà il pulsante dell’esplosivo. Si potranno evitare altre vittime? Lo spazio prevalente dell’azione è il claustrofobico abitacolo che diventa luogo di dialogo e di conflitto. Alludendo alla gloria del martirio, dice il ragazzo: “Mi hanno sempre trattato come un bambino, ma posso fare grandi cose.” All’esterno dell’ambulanza invece domina la classica indagine poliziesca. Pur di catturare il ragazzo le forze dell’ordine sconvolgono la vita dei suoi familiari. Emerge lo spaccato sociale di una città d’Europa in cui l’integrazione tra culture diverse appare insuperabile. Se la prima generazione di immigrati ha accettato le regole occidentali – Isabel e il marito tunisino hanno un figlio, i genitori di Eden sono onesti lavoratori – la seconda vive la crisi del razzismo e del lavoro, frustrata e disillusa, diventa facile preda degli integralisti. “Sono un soldato”, dice Eden, chiamato Hicham dal suo capo: “Sei un soldato in un esercito di zombie”. Alessandro Tonda ha concepito, insieme al co-sceneggiatore Davide Orsini, un thriller serrato, coinvolgente, che non trascura le psicologie dei personaggi, sia del giovane terrorista, non immune dalla paura, che dei due paramedici, Isabel più razionale, Adamo più impulsivo. Il regista realizza un’opera convincente, con una sua identità precisa. The shift è un ottimo esordio, per un’opera prima di grande impatto emotivo e visivo, dove le immagini non sono mai usate per estetizzare la violenza, ma sono sempre funzionali alla storia raccontata. Una storia dedicata a tutti coloro che lottano in prima linea senza armi. La gente comune.