Shakespeare e la nuda parola, non altro. Parola al contempo armonica, icastica, fantastica, materica. In prodigioso ‘rassemblement’ di poesia e drammaturgia, in elargizione d’amore e risentimento, grovigli di odio e capacità di perdono.
Per questa volta cerchiamo di parlare di teatro in modo divulgativo, non strettamente critico, visitando l’arcipelago del Bardo nella sua polifonia possente ed evocativa di territori onirici, fortificati dalla alcune capacità attorali alle quali attingere (a qualsiasi ora) grazie allo streaming e all’oggettivo impegno di Rai 5, Rai Cultura e Rai Play. Queste le nostre segnalazioni sull’offerta più recente.
Glauco Mauri (nella foto) e Roberto Sturno, accompagnati dalle musiche composte da Giovanni Zappalorto, eseguite in scena dallo stesso Zappalorto al pianoforte, dalla violinista Marzia Ricciardi e da Marzio Audino alle percussioni, danno voce e volto a testi e poesie di Shakespeare, in “Il canto dell’usignolo”. Un viaggio, diretto dallo stesso Glauco Mauri, tra le pagine più belle dei capolavori del Bardo di Avon, dall’amore esternato nei Sonetti, sentimento universale al di là dei generi, a “Enrico V”, da “Come vi piace” a “Macbeth”, da “Riccardo II” a “Timone d’Atene”, da “Giulio Cesare” a “Re Lear” e alla magia di Prospero de “La tempesta”.
Lo spettacolo è stato registrato al Teatro di Tor Bella Monaca di Roma nel dicembre 2020 con la regia televisiva di Andrea Menghini. Il progetto editoriale è di Felice Cappa, produttore esecutivo Serena Semprini, a cura di Giulia Morelli.
Il titolo scelto, fa riferimento alla breve favola di Gotthold Ephraim Lessing. Un pastore, in una triste sera di primavera dice a un usignolo: «Caro usignolo, perché non canti più?». «Ahimè – rispose l’usignolo – ma non senti come gracidano forte le rane? Fanno tanto tanto chiasso e io ho perso la voglia di cantare. Ma tu le senti?» «Certo che le sento – rispose il pastore – ma è il tuo silenzio che mi condanna a sentirle». Allo stesso modo, Mauri e Sturno decidono di “cantare”, per non condannarci a sentire il tanto gracidare della banalità e della volgarità.
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Ugo Pagliai e Paola Gassman sono gli “inattesi” protagonisti di “Romeo e Giulietta” ‘riscritto’ dalla compagnia “Babilonia Teatri” – e prodotto da Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile del Veneto ed Estate Teatrale Veronese – in onda con la regia tv di Alessandra De Sanctis.
Lo sguardo inusitato e irriverente che caratterizza la compagnia veronese, ha immaginato la ‘classicità’ del Bardo con radicale ribaltamento di prospettiva, rendendo protagonista assoluta dello spettacolo una ‘coppia inossidabile’ adusa ad ogni genere di repertorio. E ad essa affiancando interpreti di palese qualità quali Enrico Castellani, Valeria Raimond, Francesco Scimeni.
La nuova versione di “Romeo e Giulietta” si concentra completamente sui protagonisti della vicenda, mettendo da parte tutto il contorno: la guerra tra le rispettive famiglie, gli amici di Romeo, i genitori di Giulietta e il frate. E lo spettacolo ci interroga su quanto questa storia sia anche nostra, su quanto sia quella degli attori che la interpretano, su quanto a lungo possa ancora sopravvivere a se stessa dopo averci accompagnati.
«Quando abbiamo deciso di mettere in scena Romeo e Giulietta avevamo chiare due scelte: gli unici personaggi di Shakespeare presenti nello spettacolo sarebbero stati Romeo e Giulietta e ad interpretarli sarebbero stati due attori non giovani»- affermano i Babilonia. «Le scene in cui Romeo e Giulietta si incontrano e dialogano, isolate dal resto del testo, assurgono a vere e proprie icone di un amore totale e impossibile. Il fatto che a pronunciarle siano Paola Gassman e Ugo Pagliai, coppia artistica e di vita da più di cinquant’anni, le rende emozionalmente spiazzanti e profonde. Ma anche concrete, straniate, affettuosamente ironiche. Per quanto poetiche esse non suonano mai auliche. I continui riferimenti alla morte, alla fine, alla notte e alla tomba di cui Shakespeare punteggia l’intero testo assumono qui una veridicità che “sconvolge”- inducendoci all’empatia con gli interpreti».
L’età di Romeo e Giulietta cambia, ma il binomio Amore e Morte su cui si basano fascino e ‘unicità’ del capolavoro elisabettiano restano inalterati, anzi accentuati dalla iniziale scommessa di ‘plasmare’ altre età anagrafiche.