Il neo cinquantenne Stefano Accorsi è uno di quegli attori speciali, destinati a rimanere nel tempo. Bolognese verace, abile nell’interpretare una vasta gamma di ruoli nel corso di una carriera ormai quasi trentennale, non ha mai rinunciato a quella schiettezza tipicamente emiliana che fece la sua fortuna nel “Radiofreccia” di Ligabue e che è stata alla base di tutti i suoi successi, compreso il bellissimo “Veloce come il vento” che costituì il trampolino di lancio di Matilda De Angelis.
Accorsi non ha la fama dell’attore bello e dannato, anche se è indubbiamente un uomo dotato di un discreto fascino e funziona a meraviglia nei ruoli difficili, nelle patti “maledette”, là dove non basta essere bravi ma bisogna avere qualcosa dentro, un tratto umano particolare, dei principî sani e la capacità di creare quella che una volta si sarebbe chiamata “connessione sentimentale” con gli spettatori.
Stefano Accorsi non interpreta dei personaggi: li incarna, identificandosi in loro fin nei minimi dettagli, il che lo rende indistinguibile dai suoi protagonisti e per questo magnetico.
Accorsi si porta dietro le solide radici della sua terra, le basi di un mondo contadino e terragno, aspro e sognatore, difficile e meraviglioso, una terra di peccatori e galantuomini, di motori e comunisti, di storie da raccontare e di realismo magico avvolto dalla nebbia.
Accorsi è diventato grande grazie alla sua tenacia, alla sua forza d’animo, al crederci sempre senza lasciarsi abbattere dalle difficoltà che, come tutti, ha dovuto affrontare. E oggi che possiamo considerarlo ormai all’apice, constatiamo con piacere che non ha smarrito la genuinità delle origini, la spontaneità di toni e di modi che lo ha reso il ragazzo della porta accanto, capace di sfidare ogni avversario e soprattutto se stesso, migliorando costantemente e raggiungendo la vetta senza perdere la scontrosa gentilezza degli esordi. E non sembri un ossimoro perché la contraddizione è l’essenza stessa dell’uomo e dell’attore Accorsi, un altro dei suoi punti di forza, insieme al tormento apparentemente scanzonato, all’inquietudine mai celata e a un tratto di nobile follia che lo rende unico nel suo genere.
Buon compleanno a un uomo che da tanti anni recita se stesso senza mai essersi trasformato in una maschera. È raro, rarissimo, proprio unicamente dei grandi.
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