BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Speranze al sole

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C’è un antico detto napoletano che suona così <porta ‘na bona numinata e va’ scassann’e porte> che tradotto in italiano vuol dire <se hai una buona nomea puoi anche fare lo scassinatore>. Ovvero  la fama, buona o cattiva che sia, fa premio sulla realtà, Il che vuol anche dire che se sei vittima di un pregiudizio  non te  lo scrolli di dosso .

Quanto  ciò sia vero lo hanno sperimento Sevla e suo figlio Carlos.

Sevla è una signora bosniaca di etnia Rom. E’ arrivata in Italia nel 1979. Aveva 12 anni. Il papà faceva il calderaio:   in Bosnia la vita si faceva sempre più dura e decise di venire in Italia, a Milano in un primo momento,  poi a Roma . Due anni dopo, nel 1981, venne   a Roma  un’altra famiglia bosniaca,  di cui faceva parte il 18enne Veysil. Sevla e Veysil si incontrano, si innamorano, si sposano e fanno 8   figli che vanno tutti e tutte a scuola. Fra di essi c’è Carlos.

Per un po’ di tempo vivono tutti e tutte nel “campo nomadi”  di Vicolo Savini.  Quando  viene chiuso e i suoi abitanti  vengono trasferiti a Castel Romano Sevla e Veysil con la numerosa famiglia rifiutano il trasferimento, restano in zona dove trasformano un capannone abbandonato in un appartamento  e vi si istallano. I bimbi crescono le mamme invecchiano, ma non tutte. Mentre Veysil, discreto e silenzioso ma sempre sorridente,vigila  sulla sua famiglia e la sostiene,  Sevla rimane giovane nel corpo e nello spirito; piena di energie e di volontà; continua a fare l’artigiana, la mediatrice culturale, l’insegnante di danze tradizionali Rom e a cucinare ottimi piatti dai sapori antichi  come recita la locandina di una cena a sottoscrizione organizzata per sostenere un’impresa difficile

Aveva infatti spinto il figlio Carlos ad ingegnarsi  con l’aiuto dell’ associazione di promozione sociale Cittadinanza e Minoranze di cui lei stessa  è vice-presidente, a mettere su  una lavanderia.

Era cominciata un’ avventura. Carlos aveva  partecipato ad un bando del Comune di Roma per fittare  locali a canoni molto agevolati  ad imprese giovanili. Il bando lo aveva vinto alla grande, e gli  era stato assegnato un locale al numero 264 di  via dei Caduti della Guerra di Liberazione. Sevla aveva allora anche immaginato  come chiamare il nuovo esercizio: “Speranze al sole”.

Affinché le speranze non restino tali, mentre Carlos prende l’attestato professionale  di tecnico di lavanderia  si mettono insieme tra contributi di privati e finanziamenti bancari 42.000 euro con i quali si adattano i locali e si   acquistano macchinari con la tecnologia più avanzata anche sotto il profilo ecologico. Sorgono però alcune  difficoltà e l’avventura si trasforma in  una corsa ad ostacoli. Incredibile ma vero,  il locale, come tutto l ’enorme  caseggiato di cui fa parte e che è di  proprietà comunale, non è accatastato. Senza accatastamento  non è possibile registrare il contratto di locazione e senza contratto registrato l’Acea rifiuta di fornire acqua ed energia elettrica. Senz’acqua e senza corrente  una lavanderia non si è mai vista per cui l’inaugurazione si deve rimandare. Risolto questo problema  ne   spunta un altro: quando i tecnici dell’Acea procedono all’attacco delle utenze: si accorgono che  qualcuno ha rubato il contatore  dell’acqua pertinente al locale di Carlos  e si è allacciato abusivamente. Nuovo stop in attesa dell’indagine dei carabinieri. Conclusa la quale  l’acqua arriva e ci si prepara alla inaugurazione. Sono pronti un filmato ed una campagna promozionale imperniata sul fatto che una famiglia Rom inaugura un’impresa, quando, mentre si collaudano i macchinari, arriva un distinto signore abitante nella zona  che entra, dà uno sguardo, capisce che si tratta di una lavanderia nuova e si compiace: <Che bello! Una lavanderia nuova, sono contento e diverrò sicuramente  vostro cliente, perché  quella di cui mi servo  è sempre piena  di zingari. Ea me gli zingari non piacciono>.

Contrordine, fermi tutti: niente video e campagna promozionale ipotizzata. Solo volantini con il prezzario. Come Dio vuole il 18 aprile 2018  comunque si inaugura.

Ma <porta ‘na bona numinata e va’ scassann’ e porte>!. Che Sevla e Carlos siano Rom si vede, e “siccome  la gente non si fa mai i fatti suoi” la voce si diffonde ed il pregiudizio razzista si rivela   un ostacolo fortissimo, quello che in termini tecnici si chiama “barriera all’ingresso” sul mercato.  Sevla e Carlos non demordono, ma alla lunga cominciano ad avvilirsi  quando arriva  il Covid19. La  popolazione viene confinata nelle case ed i negozi restano in gran parte chiusi. Anche Sevla e Carlos sono costretti a fermarsi e chiudono la lavanderia.. Ma “bollette”, fitto e rate dei finanziamenti hanno ovviamente continuato  a correre.

Per prevenire che nodi troppo grossi arrivino al pettine,Sevla e Carlos   decidono  di riprovarci. Sevla si rimette in contatto con il fornitore dei macchinari che è un grande esperto del settore e non si era limitato a fornire l’impianto ma aveva supportato l’impresa nella precedente fase di decollo. Accetta e coinvolge un’altra persona esperta del settore. Anche   Carlos si rimette in moto. Si rivolge ad un “centro di ascolto” di una parrocchia dove trova una signora  che  decide con il suo gruppo di “vincentine” di aiutarlo. Allora chiede  nuovamente aiuto   a Cittadinanza e Minoranze. Pure l’associazione decide di dare una mano. Si costituisce così  una squadra di sei persone a sostegno di Sevla e Carlos. Viene approntato  un piano di rilancio puntando questa volta  su una clientela non soltanto di famiglie ma anche di comunità e si predispone una campagna promozionale. Ma interviene un nuovo periodo di confinamento. Non importa. Chi la dura la vince  Si va avanti egualmente e si fissa la data della riapertura al 15 Aprile.

Per ripartire occorrono 10.000,00 euro per finanziare la campagna promozionale e ricostituire il capitale circolante. Una delle sei persone,  socia di Cittadinanza e Minoranze, giornalista ed esperta di comunicazione  pensa di organizzare una “catena di sant’Antonio” per   e mettere insieme 1000 persone cui chiedere un piccolo sforzo: 10 euro a testa. Ecco  10 x 1000 = 10.000,00 euro proprio quelli che   servono.

Caro lettore o cara lettrice  se sei arrivato/a a legger sin qui  vuoi dare anche tu una mano a Sevla e Carlos?  Vuoi essere uno dei 1000 e   provare a  trovare altre 5 persone disposte a fare altrettanto? Mai, più che a questo caso si adatta il noto detto che una mano lava l’altra ed ambedue lavano il viso .

L’Iban su cui poter versare  e far versare il piccolo contributo ed anche, eventualmente, uno maggiore è questo: IT50V0538703241000035100781 che è intestato a Cittadinanza e Minoranze. Nella causale va indicato “lavanderia”

Grazie  da parte di Sevla e Carlos. Ed anche da parte mia.

Nino Lisi, Tesoriere di Cittadinanza e Minoranze


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