Per i moltissimi che si sono sempre distratti e si ricordano ora della tragedia siriana (meglio tardi che mai) la cosa importante è quella che hanno detto, forse tradendo i motivi di tanta distrazione, forse riscoprendo un tardivo sussulto di umanità. Per chi non si è mai distratto da questa tragedia senza pari nella storia contemporanea, la Siria dei deportati o dei reclusi o degli sfollati nel deserto, come Papa Francesco, ciò che conta oltre a quel che hanno detto è il senso delle parole e di ciò che non hanno detto. Ecco cosa ha detto Papa Francesco : “ dieci anni fa iniziava il sanguinoso conflitto in Siria, che ha causato una delle più gravi catastrofi umanitarie del nostro tempo: un numero imprecisato di morti e feriti, milioni di profughi, migliaia di scomparsi, distruzioni, violenze di ogni genere e immani sofferenze per tutta la popolazione, in particolare per i più vulnerabili, come i bambini, le donne e le persone anziane. Rinnovo il mio accorato appello alle parti in conflitto, affinché manifestino segni di buona volontà, così che possa aprirsi uno squarcio di speranza per la popolazione stremata. Auspico altresì un deciso e rinnovato impegno, costruttivo e solidale, della Comunità Internazionale, in modo che, deposte le armi, si possa ricucire il tessuto sociale e avviare la ricostruzione e la ripresa economica. Preghiamo tutti il Signore, perché tanta sofferenza, nell’amata e martoriata Siria, non venga dimenticata e perché la nostra solidarietà ravvivi la speranza. Preghiamo insieme per l’amata e martoriata Siria”.
Dunque siamo al cospetto, per il papa, di “violenze di ogni genere”, non solo di un genere dunque, ma di ogni genere, di ogni genere. Violenze jihadiste, certamente, violenze di Stato, violenze di milizie straniere, violenze di eserciti stranieri, violenze dell’esercito nazionale, violenze di singoli caduti nelle braccia del male, violenze di altri, ad esempio di chi si è girato dall’altra parte, probabilmente. Poi spicca la richiesta di un impegno “solidale” della Comunità Internazionale: non un impegno da CICERO PRO DOMA SUA, ma un impegno solidale, quello che manca. Questo impegno non si vede, e lo chiede solo il papa. Solidale non chi chi uccide in un modo o nell’altro, ma con un popolo straziato, seviziato, ridotto alla fame. Questo richiederebbe un mea culpa da parti di chi è intervenuto per calcoli di parte, in forma diretta o indiretta, strumentalizzando bande o inviando milizie, impiegando aerei o pagando bande armate, ma anche da chi ha lasciato correre, magari arrivando a confondere vittime e carnefici.
Ma c’è un ultimo punto, importante. Questo punto riguarda un dato certo: il Vaticano è stato ed è sempre contrario alle sanzioni che aggravano le sofferenze, anche in Siria la penserà così. Ma in questo caso il papa non ha ritenuto di fare riferimento, come molti ecclesiastici siriani fanno, alla necessità di togliere le recenti sanzioni che colpiscono imprese, aziende, personalità molto note e tutte legate al regime. Io non so se questo sia un dato, un fatto voluto o meno, ma credo che il papa sappia benissimo che il sistema siriano ha esportato enormi masse di denaro, anche derivanti dagli aiuti internazionali, ha speculato sugli aiuti, li ha sottratti a chi non lo apprezza per tenerli per sé. Il papa vuole che riparta la Siria, per tutti i siriani, tutti, convinti che il male sia Assad o che il male siano i suoi nemici, non fa differenze. Ma sa dei fiumi di dollari portati all’estero da chi può a Damasco, a cominciare dal cassiere della “famiglia”. Quella fuga enorme di fondi ha contribuito al collasso siriano, che ha bisogno di mani sicure per servire davvero chi muore di fame.
Quello del papa è stato dunque un altro contributo ad abbattere i muri e servire la gente, quella vera, con una forza che lascia stupefatti. Ancora una volta.