Renata Fonte vive. Insieme alla sua onestà

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Garantire il ricordo, tenere vive le coscienze non è stato facile. Ma neanche impossibile. Del resto anche il coraggio sono affare da Dna. Ne sono testimoni Viviana e Sabrina Matrangola. Due donne, due sorelle, figlie di Renata Fonte. La prima vittima di mafia donna del Salento. Il 10 marzo avrebbe compiuto 70 anni, l’assessora di Nardò (Le). Che ne avrà 33 per sempre. Ché 33 ne aveva la notte in cui, rientrando a casa, vide freddare la sua passione e impegno civile da tre colpi di pistola. Troppo forte, quella donna che infiammava i comizi e l’aula di Palazzo di Città. Troppo battagliera e moralizzatrice, in un momento storico in cui politica e zona grigia a braccetto sistemavano le cose che non andavano. Fosse anche costruire a pochi passi dal mare, lottizzare, cementificare. Speculare. E invece lei no, fu il fuori programma, la scheggia impazzita che sfaldò certezze e consuetudini che parevano granitiche. E si sgretolarono invece come tufo sotto i colpi delle benne dei suoi ideali. La cronaca è storia nota. E pure buia. Mandanti, gregari ed esecutori materiali individuati e assicurati alla giustizia. Un tentativo iniziale di ricordare meno possibile, “sabotato” dalle figlie e dal loro senso alto di memoria e giustizia. Le bellezze paesaggistiche cui Renata fece scudo col suo corpo, protette dall’ombra di quella salentina appassionata. E mille interrogativi rimasti tali, al di là di ogni fantasiosa ricostruzione. Perché pensare solo a vili affari di paese sfuggiti ad ogni prevedibile controllo, è pillola che pochi hanno buttato giù col sorso d’acqua del tempo che passa. Eminenze grigie volevano allungare i loro tentacoli dalla capitale fino al tacco d’Italia, si disse. Finanziatori occulti e intoccabili. Forse gli stessi, chissà, che hanno tolto le castagne dal fuoco nel tempo, a personaggi opachi in difficoltà economica rimpinguandone le casse? Niente è mai stato provato. Niente è mai stato definitivamente escluso. Oggi come allora l’edilizia, selvaggia e meno, sono affare di una mafia più raffinata ma ugualmente aggressiva. Niente colpi di pistola, ma sa comunque ammazzare. Renata Fonte vive, nell’opera silenziosa e quotidiana di tutta la gente perbene che difende questa terra, che è anche la mia terra, facendo il proprio lavoro. Con onestà.

(Foto Antimafia 2000)


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