Pacco, doppio pacco e contropaccotto di Amazon

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Lo sciopero, inedito e straordinario, delle lavoratrici e dei lavoratori di Amazon ha aperto – anche simbolicamente- una nuova era.

Il conflitto sembra entrato definitivamente in territori finora sfuggiti alle forme classiche di lotta. I movimenti caldi dell’età analogica hanno la loro metamorfosi nei loro omologhi più freddi, che si organizzano negli spazi asettici della rete e degli algoritmi. Anzi, è proprio nel doveroso negoziato sugli algoritmi che uno sbocco strategico si può e si deve immaginare, oltre alle impellenze dettate dall’atteggiamento asperrimo operato dalla società. Al cui vertice siede Jeff Bezos, il signore più ricco del mondo, attivo pure nell’informazione con il Washington Post. Diceva Adriano Olivetti che tra la carica apicale e chi sta in fondo alla piramide il rapporto del compenso deve rimanere nella forbice tra 10 e 1. Già. Ma con quanti zeri? Il capitalismo delle piattaforme, di cui il gruppo nato negli Stati uniti nel 1994 è uno degli oligarchi, ha tratti spietati. Contro trattamenti e ritmi disumani decisi dall’intelligenza artificiale (non sarebbe venuto il momento di destrutturarne la sintassi?) gli esseri umani, le persone in carne e ossa stanno reagendo. Le organizzazioni sindacali hanno colto la gravità della situazione e lo stesso parlamento vi ha posto attenzione. Tuttavia, la questione va finalmente affrontata dalla via maestra.

Il 25 luglio del 2018 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, al cui interno siede la struttura che vigila  sullo specifico sottosistema, sanzionò tre società del gruppo Amazon (Italia Transport, Italia Logistica e Italia Service) per aver esercitato attività postale senza il titolo abilitativo previsto dal decreto legislativo 261/99. E così, le citate sigle fecero richiesta ed ottennero nel 2018 il via libera. Insomma, diventarono a tutti gli effetti operatori del settore. Sottoposti alle stesse regole delle Poste italiane, ad esempio. Tra l’altro, quanto a volumi consegnati Amazon sopravanza ormai i concorrenti in diversi segmenti, a partire proprio da quello lucroso dei pacchi ordinari. Qui si svolge la contesa, essendo il nobile campo delle lettere sopravanzato dall’email e dalla rete. La società d’oltre oceano è campione, poi, nella cosiddetta integrazione verticale: sulla base della dominanza detenuta nelle vendite on line, si è raggiunto un notevolissimo potere di mercato anche nelle consegne. In breve: Amazon ha un inquietante vantaggio competitivo, meritevole, come parzialmente è già accaduto, di interventi severi da parte dell’Agcom.

Lo sciopero, però, ha aperto una breccia su un punto ulteriormente grave. Pericoloso. Se è stato concesso un livello di diritti autorizzatori analoghi ai vicini di casa, allora siano uguali i doveri. A cominciare dalle tipologie e dai livelli contrattuali.

L’allegato A alla delibera 212/20 dell’Agcom (Analisi del mercato dei servizi di consegna dei pacchi) è piuttosto esplicito nella parte conclusiva. Si afferma che il fattore lavoro è fondamentale, il relativo costo del quale ha un rilievo decisivo per evitare che, attraverso ipotesi di ribasso, si possano alterare le dinamiche concorrenziali. Per sintetizzare: Amazon gode di un opinabile vantaggio nell’essere una struttura integrata e potrebbe trarre un cinico regalo dal non rispetto delle dinamiche contrattuali.

Come è stato stigmatizzato, esistono problemi allarmanti che hanno a che vedere con il rispetto della salute esposta ora pure alla pandemia, nonché con l’aumento delle emissioni di agenti inquinanti per l’uso massivo di mezzi di trasporto su strada, con relativa crescita dei gas.

Il documento dell’Autorità svolge una diagnosi allarmante, che andrebbe presa in esame con serietà, per interrompere il coro degli entusiasmi mal riposti su un business che ha mani grondanti di sangue. Metaforicamente, speriamo.

Non solo. L’Autorità si sta apprestando ad adottare le misure di attuazione del Regolamento europeo 2019/1150, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dell’intermediazione on line.

L’Agcom non si limiti, però, alle belle analisi (eufemisticamente chiamate Interim report). Passi dalla teoria alla prassi. Intervenga con chiarezza. E, nel frattempo, non ricorriamo – noi utenti- ai servizi della ditta.


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