Il 2004 fu l’anno della definitiva affermazione di Lansdale in Italia, tanto da vedersi pubblicare in poco tempo due romanzi come la La sottile linea scura e L’anno dell’uragano per Fanucci, oltre al lungo racconto Bubba Ho-Tep dalla piccola e intrigante casa editrice Addictions. Era il segnale del sempre maggiore gradimento del pubblico italiano per questo scrittore cos ì atipico nella sua prolificità sempre di alto livello creativo. La capacità di trattare e manipolare le più varie tematiche della letteratura di genere fanno di Lansdale uno degli autori di culto delle nuove generazioni. Lo scrittore texano – vive nella cittadina di Nacogdoches – passa con apparente facilità dal noir al western, dall’horror al romanzo di formazione, dalla fantascienza al romanzo realistico e di denuncia, con incursioni nel fumetto, come dimostra la sua sceneggiatura per la famosa serie su Johan Hex. Così come era avvenuto per lo stupendo In fondo alla palude, ambientato negli anni bui della Depressione, anche per L’anno dell’uragano Lansdale abbandona il clima dei nostri giorni per raccontare una storia degli inizi del 900. Siamo a Galveston, città di mare, posta su di un’isola di fronte alla costa texana, a cui è collegata da un ponte di legno. La vicenda si svolge in pochi giorni, dal pomeriggio di martedì 4 settembre alla domenica mattina del 9 settembre dell’anno 1900 e prende spunto da un fatto reale: l’isola su cui sorge Galveston, una striscia di sabbia alta pochi metri sul mare venne completamente sommersa dalle acque in seguito ad uno di quei violenti uragani che agli inizi di ogni autunno colpiscono il Golfo del Messico e il mar dei Carabi. Sullo sfondo della tragedia che si sta preparando e che vedrà la distruzione completa della città e la morte di migliaia di persone, Lansdale costruisce una storia di forte impatto emotivo. In circa centocinquanta pagine – che si leggono d’un fiato – egli racconta la storia di un pugile nero, Jack Lil’ Arthur, e del suo sfidante, John Mcbride, chiamato dai maggiorenti della città a combattere e uccidere colui che ha osato sfidare il potere bianco sconfiggendo il campione cittadino, Forrest Thomas. Legato da una torbida relazione a quest’ultimo, Mister Beems, presidente dell’esclusivo e razzista Sporting Club, vuole vendetta ed è disposto a tutto per ottenerla. Come una tragedia classica gli eventi precipitano velocemente verso un finale imprevedibile in cui violenza e pietà si mescolano insieme a creare un patchwork inestricabile di sentimenti e di ferina umanità. I due protagonisti, il bianco e il nero, dal loro incontro e dallo scontro con le forze temibili della natura escono rafforzati nella consapevolezza che la differenza fra gli uomini è data solo dal comportamento di fronte alla violenza dell’esistenza: “Be’ merda. Negro mi sa che oggi non è la mia giornata, e non è nemmeno la giornata per scoprire chi è il migliore, io o te.” E la solidarietà e il riscatto allignano là dove meno te l’aspetti: non nei ricchi borghesi che fanno della razza e della classe il discrimine attraverso cui vengono valutate le persone, ma nella scorza dura di uomini votati dalle vicende della vita e del loro paese alla brutalità e alla ferocia. Joe R. Lansdale, attraverso un linguaggio insieme graffiante e ironico, comico e duro ci porta in un mondo – che è anche questo nostro – che fa della prevaricazione l’essenza del proprio esistere, e che tuttavia ci lascia con la speranza di un futuro forse migliore. Ma con un limite, come sarcasticamente ci suggeriva Valerio Evangelisti nella postfazione al libro, alludendo al presidente appena eletto George Bush: “Basta che vinca il texano sbagliato e siamo tutti fottuti.”