Il bel film diretto da Costanza Quatriglio, dedicato alla storia di Nada Malanima, interpretata per l’occasione dalla bravissima Tecla Insolia, pone nuovamente al centro dell’attenzione l’importanza che ha avuto la musica nel nostro Paese. Lasciamo perdere Verdi e l’epopea risorgimentale e anche i canti e gli inni che hanno scandito il trentennio infausto che va dal ’14 al ’45 e concentriamoci sul dopoguerra. Il film su Nada, infatti, è andato in onda su Raiuno pochi giorni dopo la conclusione del Festival di Sanremo, vinto quest’anno dal rock moderno dei Måneskin, e in concomitanza con un anniversario importante come i dieci anni dalla scomparsa di Nilla Pizzi (12 marzo 2011), la prima regina della città dei fiori, simbolo della stagione in cui Trieste non era ancora tornata all’Italia e si era appena usciti dall’incubo della guerra.
Nilla Pizzi e Nada Malanima, per quanto assai assai diverse e divise da ben trentadue anni di differenza, incarnano, dunque, quel costume italiano su cui è sempre opportuno riflettere, al pari di Renato Carosone cui, giustamente, la RAI renderà omaggio la prossima settimana. Costituiscono, infatti, una parte essenziale della nostra storia, con la loro voce, le loro interpretazioni memorabili e il loro inserirsi in momenti cruciali del nostro stare insieme: la rinascita dalle macerie della guerra e la vigilia della contestazione, e il Festival è sempre stato lo specchio del Paese nonché un formidabile anticipatore delle tendenze in atto.
Se Nilla Pizzi, con il suo stile apparentemente scanzonato ma in realtà profondissimo ha narrato la ricostruzione, l’inquieta e tormentata Nada è stata un esempio di emancipazione femminile, della crescita collettiva di una Nazione che ormai chiedeva le rose e non più solamente il pane, un punto di svolta, al pari di Caterina Caselli, Gigliola Cinquetti e altre protagoniste della stagione in cui tutto sembrava possibile.
Raccontarne la vicenda e le difficoltà che hanno dovuto affrontare, farne conoscere la complessità d’animo, la sensibilità e il carattere tutt’altro che semplice è, pertanto, il miglior modo per promuovere i diritti e la dignità delle donne, per evitare inutili santini e per non limitarsi a celebrare la figura femminile un solo giorno all’anno, come se si trattasse di una seccatura di cui liberarsi il più in fretta possibile.
Nilla e Nada appartengono all’eterno miracolo della musica, capace di unire ciò che il resto della società divide e di renderci migliori, persino a nostra insaputa. E una RAI che si ricorda, grazie alla saggezza di una regista fuori dagli schemi, di far conoscere uno spaccato della nostra vita e della nostra storia attraverso un’avventura personale e collettiva, è un buon servizio pubblico. Il fatto che ciò avvenga mentre ricorre il decennale di una personalità monumentale come quella di Nilla Pizzi è un punto in più a favore. Vuol dire che siamo ancora in grado di essere orgogliosi di ciò che siamo stati.
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