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Letta leader Pd anti Salvini

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Enrico Letta declina il suo «nuovo Pd». La cifra è di creare una nuova forza alternativa alla destra sovranista e populista di Matteo Salvini e di Giorgia Meloni. Ma di alternativa soprattutto al segretario leghista alleato nel governo Draghi e alla guida del primo partito italiano.

Le carte giocate da Letta all’assemblea nazionale del Pd tenuta in diretta Internet causa Covid sono soprattutto due non propriamente popolari:1) l’europeismo; 2) i diritti civili pieni per immigrati, giovani, donne. In sintesi: «L’Europa è la nostra casa», nella versione 2020 è un pilastro per la solidarietà sociale, il lavoro, l’ambiente, la sicurezza. Quindi ha avanzato due proposte dirompenti sui diritti civili: 1) allargare il diritto alla cittadinanza degli immigrati attraverso il cosiddetto ‘ius soli’ perché è «una norma di civiltà»; 2) concedere il diritto di voto ai ragazzi di 16 anni («dobbiamo allargare il peso dei giovani nella società»), mentre adesso il limite minimo di età per andare ai seggi è di 18 anni.

Letta, diventato segretario con un voto unanime (860 sì, 2 no, 4 astenuti) punta molto sui valori progressisti e su un riformismo radicale per costruire una leadership del «nuovo Pd» nel centro-sinistra e nel sistema politico italiano, in corsa sul difficile binario del governo di unità nazionale presieduto da Mario Draghi.

Per il successo del progetto contano molto sia i programmi sia le alleanze. Letta punta ad aprire le porte del Pd sia verso sinistra (Speranza, Bersani, D’Alema, Fratoianni, Fassina, Maraio) sia verso il centro (Renzi, Calenda, Bonino, Berlusconi). Con il M5S c’è la conferma di una intesa, ma non si parla più dell’«alleanza strategica» teorizzata da Zingaretti e dal suo consigliere Bettini. Le parole hanno un senso: il centro-sinistra «andrà all’incontro con il Movimento 5 stelle, che sarà guidato da Giuseppe Conte». Niente più «alleanza strategica» portatrice di disfatte elettorali per democratici e grillini e cause delle stesse dimissioni di Zingaretti.

Salvini ha percepito la sfida a due con Letta, possibile incubatrice della fine del tripolarismo e di un ritorno al bipolarismo. Il segretario della Lega ha bocciato il nuovo leader del Pd: «Parte male». È un commento abbastanza scontato. Il vero banco di prova per l’ex presidente del Consiglio è la tenuta del Pd, diviso tra tante correnti rissose, e la risposta degli alleati di sinistra e di centro per anni trattati quasi come avversari. Particolarmente delicato sarà il rapporto con Matteo Renzi, l’uomo che disarcionò Letta nel 2014 da Palazzo Chigi e che poi disse addio al Pd di Zingaretti in un clima di rissa.


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