Per mesi, i mesi della pandemia, abbiamo assistito alla crescita esponenziale del commercio on line, delle consegne a domicilio nell’arco di poche ore, tutto è diventato più comodo, accessibile, conveniente. Una pubblicità molto in voga ci dice che possiamo fare o avere qualunque cosa stando comodamente seduti nel salotto di casa. Ma qual è il prezzo reale di un simile status all’avanguardia? Un lavoro mal pagato, come si poteva sospettare dalla prima ora. Adesso c’è una prova e la fornisce lo sciopero nazionale dei dipendenti Amazon, la piattaforma simbolo dell’efficienza e della celerità nelle consegne. Secondo i sindacati dei trasporti Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, le adesioni hanno toccato il 75% degli addetti agli hub e ai magazzini e driver. Una protesta di 24 ore contro la rottura delle trattative a livello nazionale sul rinnovo del contratto, in fondo una procedura normale, forse il primo passaggio normale nel mondo del lavoro al tempo di Amazon. I lavoratori si sono fermati da lunedì 22 chiedendo “rispetto per la dignità dei dipendenti” ma anche delle regole sulla sicurezza.
“Per vincere questa battaglia di giustizia e di civiltà abbiamo bisogno della solidarietà di tutte le clienti e di tutti i clienti di Amazon”, hanno detto.
La verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti, la verifica e la contrattazione dei turni di lavoro, la riduzione dell’orario di lavoro dei driver, la clausola sociale e la continuità occupazionale per tutti in caso di cambio appalto o cambio fornitore, la stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali ed il rispetto delle normative sulla salute e la sicurezza sono i punti cardine di una trattativa che è ancora aperta ma che con lo sciopero ha preso sicuramente forza.
(Foto dal Corriere.it)