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Il grido di Papa Francesco dalla terra di Abramo per rompere il mare dell’indifferenza

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Si, lo ammetto.Non riesco a staccarmi dall’account Twitter di padre Antonio Spadaro che sta raccontando  ogni momento di questo viaggio di Papa Francesco in Iraq. Un viaggio coraggioso, difficile,in piena pandemia,  in una terra tormentata e insicura dalla quale è partito tutto:la terra di Abramo da cui tutti discendiamo,la culla di tutte le religioni. Padre Antonio Spadaro, giornalista, gesuita e direttore di Civiltà Cattolica, che viaggia accanto al Papa da sempre, sta documentando in presa diretta un dietro le quinte eccezionale, con foto e video che gira lui stesso  di questo viaggio che Papa Francesco ha fortemente voluto. Il primo viaggio dopo 15 mesi di pausa.Tutti i governanti del mondo sono chiusi nei loro uffici, si collegano su piattaforme digitali per decidere i destini dei loro paesi, pianificare consegne di vaccini e cosa fa Papa Francesco 84 anni, qualche acciacco alla gamba che ogni tanto lo fa soffrire? Prende un aereo e decide di andare in Iraq per 4 giorni intensi di incontri e trasferimenti in luoghi simbolo dell’umanità
“C’è anche un’emergenza sanitaria  dello spirito, ha spiegato padre Antonio Spadaro, prima di partire, e il luogo idelae per porre la tenda di questo ospedale da campo della Chiesa è la piana di Ninive, che era stata occupata dall’Isis,il sedicente Stato Islamico tra il 2014 e il 2017.” Ur dei Caldei, che il Papa visita oggi è il luogo di origine delle tre religioni abramitiche:ebraismo, cristianesimo e islam.Ed è da quei luoghi che Papa Francesco vuole rilanciare il suo messaggio di pace e fratellanza già scritto nell’enciclica Fratelli Tutti.E’ da lì che vuole spiegare come le tre religioni insieme e dialoganti possano dare un prezioso contributo alla pace. L’opposto della violenza distruttiva dei terroristi dello stato islamico. Guardo con ammirazione Papa Francesco muoversi tra i palazzi di Bagdad e i suoi governanti, prendere aerei e atterrare nelle città irachene che hanno conosciuto la furia della guerra e ancora oggi sono teatro di attentati, ascolto le sue parole e sento la forza del gesto che  questo Papa ottantenne sta compiendo. Mi auguro che il suo messaggio arrivi forte nel mondo e qui in Italia, dove le beghe delle dimissioni di Zingaretti dalla poltrona di segretario Pd e le polemiche sui colori delle regioni travolte dal Covid  paiono offuscare tutte le altre notizie. Papa Francesco è capace di gesti fortissimi, come quando in Piazza San Pietro, sotto un cielo plumbeo,lo scorso anno, in piena pandemia  fece quella preghiera universale per il mondo accompagnata da quella passeggiata per le strade di Roma deserta, chiusa in un doloroso lockdown.
“C’è un filo che tiene legata  Piazza San Pietro e i luoghi della Mesopotamia, culla della civiltà antica,profanata dalle violenze dello Stato Islamico,dai conflitti regionali,dalla persecuzione dei cristiani, dall’esodo di massa di tantissimi iracheni in cerca di una vita migliore, scrive  padre Spadaro. Quella di Francesco è una sfida dal forte valore politico che capovolge la logica dell’apocalisse che combatte contro il mondo, perché crede che questo sia l’opposto di Dio,cioè idolo, e dunque da distruggere al più presto per accelerare la fine del tempo. E’ una sfida a chi non trova alternative all’essere martiri o apostati. NO. C’è un’altra opzione, quella evangelica: essere fratelli”
E così, in questa fase drammatica con almeno 300 morti al giorno in Italia per la pandemia che ha ripreso a colpire in modo duro, questo grido di fratellanza e convivenza in armonia viene rilanciato dal Papa in una Terra tormentata ,ma che è anche luogo di speranza. “Bisogna tonare al luogo di origine dell’arca di Noè, alla Mesopotamia aveva spiegato il Papa  nel volume Ritorniamo a sognare in conversazione con Austin  Ivereigh. Esiste un’Arca che ci aspetta per condurci a un domani nuovo.  La Pandemia è il nostro “momento Noè” purchè e quando troveremo l’Arca dei vincoli che ci uniscono della carità e della comune appartenenza”  Guardo Il Papa tornare fisicamente  in quei luoghi per rompere il mare dell’indifferenza ed evocare un nuovo umanesimo fatto di un’unica umanità. Fratelli tutti aveva titolato la sua enciclica. Un nuovo atto si aggiunge con questo viaggio in Iraq, che non è solo un gesto verso il popolo iracheno e i cristiani del Medio Oriente,ma  riguarda tutti noi.

(da La voce di New York)


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