Giornalisti definiti “infami” sui social, accusati di far parte della “macchina del fango” solo per aver correttamente riportato le dichiarazioni di alcuni esponenti politici su una tal vicenda. Avviene a Trieste, bersaglio i colleghi del “Piccolo”, ma in realtà episodi simili si ripetono ormai in tutta Italia. Troupe televisive insultate e spesso aggredite mentre stanno semplicemente facendo il loro lavoro. Leader politici che annunciano immotivate querele a giornali colpevoli di aver pubblicato notizie che li riguardano e che avrebbero preferito non veder pubblicizzate.
Davvero non se ne può più. Complice lo sfinimento che è fra le conseguenze accessorie della drammatica situazione che tutti viviamo da un anno, la situazione sta toccando un punto di non ritorno. Dagli a giornali e giornalisti, è sempre colpa del giornalista, è sempre il giornalista che ha riportato male… Altro che diritto dovere di informare e di essere informati. Eppure l’articolo 21 della Costituzione sarebbe così chiaro, teoricamente non avrebbe certo bisogno di spiegazioni e ulteriori interventi legislativi.
Invece no, in questa situazione, peggiorata dallo strapotere assunto ormai da anni dai social, probabilmente ha ragione il presidente della Fnsi Beppe Giulietti quando dice che “invece di intimidire i cronisti sarà il caso di approvare la legge contro le molestie al diritto di cronaca e le querele bavaglio”.
Eppure una proposta di legge contro le querele temerarie giace nei cassetti del Senato dal maggio 2019. Afferma un principio molto semplice: quando qualcuno querela un giornalista per un articolo che poi, in sede giudiziale, si rivela veritiero e non diffamatorio, questo qualcuno (spesso un politico…) va condannato a pagare un risarcimento, oltre ovviamente alle spese di giudizio.
“Sulla questione delle querele temerarie, aspettiamo che il Parlamento batta un colpo. Non vorrei – dice Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi – che questo titubare da parte del Parlamento fosse anche dovuto al fatto che molto spesso a promuovere azioni temerarie sono proprio i politici nei confronti dei giornalisti”.
Giornalisti che non devono essere esenti da critiche, non solo quando sbagliano. Ma che non possono diventare il bersaglio privilegiato di chi non sa più con chi prendersela. Perché se il politico mette mano alla pistola della querela temeraria appena legge qualcosa che “non gli garba”, poi chiunque si sente autorizzato ad attaccare senza motivo giornali e giornalisti colpevoli solo di fare il proprio lavoro: informare.