Un libro che ci interroga sulla necessità di una riflessione etica sul nostro presente, sempre più dominato dallo sfruttamento e dalle diseguaglianze sociali
Esce oggi in libreria con La Nave di Teseo, l’ultimo lavoro letterario, visionario, distopico, di Guido Maria Brera, con il collettivo I Diavoli: Candido (211pp, €17,10). Un romanzo che ci rimanda al più celebre “1984”, di George Orwell (pseudonimo di Eric Arthur Blair), che affronta il tema della manipolazione psicologica dei cittadini da parte dello Stato totalitario. In cui l’autorità dell’Oceania è programmata ad orientare e a coartare le potenzialità critiche del pensiero, indirizzandone l’emotività verso un’unica direzione, quella congeniale al mantenimento dell’ordine sociale.
Protagonista del romanzo di Brera, e del suo laboratorio di narrazioni nato sul web, il collettivo I Diavoli, è lui: Candido, preso in prestito dal passato, insieme alla sua amata Cunegonda ed al suo precettore Pangloss, il filosofo del castello Thunder-ten-tronckh, secondo cui quello in cui vive Candido è il migliore dei mondi possibili.
Nella versione di Brera, il novello Candido è un giovane rider, che si guadagna la vita pedalando senza sosta, cavalcando la sua bicicletta, su e giù per la città, consegnando cibo per conto delle grandi major di food delivery.
Nella città vige un perfetto sistema economico-tecnologico in cui la vita dei cittadini viene premiata sotto forma di crediti alimentari, sanitari, ricreativi, i quali vengono riconosciuti in relazione alla quantità di lavoro prodotto e ai comportamenti tenuti. Ogni infrazione delle regole o della pubblica morale comporta la loro riduzione, sino ad arrivare, nei casi più gravi, alla loro cancellazione. A governare su tutto ciò, lui, Voltaire: un algoritmo tecnologico a cui nulla sfugge della vita di ogni cittadino. Voltaire è dappertutto, è onnipresente, campeggia sulle facciate dei palazzi ipertecnologici con il viso caprino di Pangloss che rilancia continuamente massime sul migliore dei mondi possibili: questo! “Tutto è bene, tutto va bene”.
Tutto contribuisce a creare un forte amalgama sociale in cui ogni cittadino è convinto di vivere una vita perfetta, migliore di ogni altra possibile. E a nulla conta la circostanza che la semplice minaccia della perdita del potere d’acquisto abbia come conseguenza il venir meno del desiderio di protestare: che senso ha ribellarsi se tutto funziona a meraviglia?
Di ciò Candido è convinto, ed è felice che tutto vada per il meglio, Egli pedala sorridente, con la gioia nel cuore perché a fine giornata, con i crediti guadagnati, una volta a casa, potrà collegarsi con la sua amata Cunegonda, la ragazza virtuale che Voltaire gli ha assegnato. Sono mesi che pensa soltanto a lei, che parla soltanto a lei, che sogna solo lei, l’immagine perfetta che incontra ogni sera in videochat collegandosi al social network Voltaire.
Tutto è bello, giusto, completo, non ci sono fratture né contraddizioni nella vita di Candido.
Una vita immersa in una realtà improntata al culto della produzione industriale, in cui i vecchi quartieri sono oggetto di un inarrestabile processo di gentrificazione, oramai trasformati in zone di tendenza per la “meglio gioventù” che vive nei quartieri “inclusi”. E lui, Candido, che ogni mattina ne percorre le strade – tra auto elettriche e tram a levitazione magnetica, arrivandovi dal suo quartiere, quello degli “esclusi”, con la sua bicicletta, zaino in spalla – incrociando lo sguardo di persone felici, come lui, fiducioso che il suo futuro non potrà che essere meraviglioso, e ciò anche grazie al suo impegno e al rispetto dovuto agli ammonimenti, onnipresenti nelle strade cittadine, di Pangloss.
Ma non tarderanno ad arrivare presto le incertezze, i dubbi verso quello che aveva considerato sino ad allora il migliore dei mondi. Una serie di eventi tragicomici lo porterà al disincanto verso quel mondo sull’orlo del collasso, di cui scoprirà le brucianti contraddizioni; lui si scoprirà essere una minuscola parte, insignificante, di un immenso ingranaggio funzionale soltanto agli inclusi, le uniche persone che potranno sopravvivere. E a quel punto la rabbia prenderà il sopravvento.
Un gran bel romanzo, nel quale l’autore, che abbiamo imparato a rispettare nelle sue precedenti opere per l’onestà intellettuale, ci offre la sua visione etica della società, attraverso una critica feroce all’attuale “globalizzazione spinta”, quella senza regole, quella dove la “normalità” rappresenta essa stessa il problema. “Producevamo un bene in un posto, lo spedivamo per farlo assemblare in un altro posto ancora, poi da quel posto questi pezzi giravano il mondo per poi essere depositati in magazzini ancora più lontani. E, infine, essere spediti ai clienti. Era un consumo di cielo, terra, mare, per massimizzare i profitti… La globalizzazione può piacere perché crea risparmio di costi. Ma si consuma il mondo così…. Ci sono costi occulti in termini di sacrifici, diritti sociali dei lavoratori e inquinamento… Questo sistema si è dimostrato fragile. E la natura stessa si è ribellata” ha recentemente dichiarato in un’intervista post pandemia. Come dargli torto!
Un romanzo dedicato ai rider, ai fattorini, agli ultimi, gli esclusi, che dalle periferie delle nostre metropoli pedalano senza sosta sulle loro biciclette, senza alcun tipo di tutela legale e di protezione sociale, per soddisfare le esigenze degli inclusi, di coloro che vivono nel cuore pulsante delle city.
“Non si muore per un panino. Noi siamo con loro, questo libro è anche per loro”. È questo l’explicit di chiusura del libro.