Il discorso che Papa Francesco ha pronunciato a Ur dei caldei, la città di Abramo, il padre comune di ebrei, cristiani e musulmani, cioè il padre mediterraneo di chi ha fiducia in Dio, riporta alla mente la frase più celebre di un’autore che Bergoglio ama, Dostoevskij: “solo la bellezza salverà il mondo”. In russo, come si sa, la parola “mir” vuol dire sia mondo sia pace, quindi potremmo anche intendere “solo la bellezza salverà la pace”. Ma cosa voleva dire Dostoevskij, qualcuno lo sa? Cosa vuol dire che solo la bellezza ci salverà? Forse vuol dire che la salvezza sta nella verità, cioè in quel nesso evidente che tiene unite e salva tutte le cose, facendole rimanere come sono, diverse tra loro. Uguale è l’ordine del creato, non il creato, il creato è un miracoloso incontro di diversità.
Dunque la verità, cioè la bellezza, è la pluralità unita. Non siamo noi a possederla, la verità-bellezza, noi ebrei, noi musulmani, noi cristiani, anzi noi tutti la viviamo e sentiamo diversamente, la stessa verità, perché vediamo che è una, ma siccome siamo diversi non riusciamo a possederla nella sua necessità di comporsi di una pluralità. Eppure è lei, la bellezza, a tenere tutte le cose, a salvarle dal distruggersi vicendevolmente. Dunque non può essere solo la teologia ad arrivare alla bellezza, non può essere solo la filosofia: solo la poesia può farlo: e lo fa. E infatti da Ur dei caldei, cuore dimenticato, abbandonato, rimosso, cuore lasciato da ebrei, cristiani, musulmani perché non esclusivo di nessuno di loro, il papa che non è tanto teologo o filosofo ma soprattutto poeta ci ha fatto vedere la bellezza, consentendoci di trovare nella poesia la salvezza per tutti: “ Guardiamo il cielo.
Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non separarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo. Noi, discendenza di Abramo e rappresentanti di diverse religioni, sentiamo di avere anzitutto questo ruolo: aiutare i nostri fratelli e sorelle a elevare lo sguardo e la preghiera al Cielo. Tutti ne abbiamo bisogno perché non bastiamo a noi stessi”.
Prendendo esempio da Cielo, la bellezza indiscutibile e vera dell’unicità del cosmo di stelle e pianeti diversi, la poesia del poeta Bergoglio ci spiega la bellezza dell’unità nella diversità dei monti e dei fiumi, dei mari e dei deserti, che sono diversi e inseparabili come noi; sono fiumi, deserti, monti, città… fratelli inseparabili della creazione. Dunque la bellezza, per me, è il pluralismo, della natura e dell’umanità.
Il pluralismo che unisce uomini e donne rendendoli indispensabili l’uno all’altro, bianchi e neri, progressisti e conservatori: la bellezza è la loro irriducibilità e reciproca necessità. Così è anche per ebrei, cristiani e musulmani, e ancora. E’ questa la bellezza dell’unica creazione che il papa poeta ci ha fatto capire con il linguaggio della poesia, l’unico universale, l’unico che parla a tutti senza figli maggiori o minori. “Alziamo gli occhi al cielo per elevarci dalle bassezze della vanità: serviamo Dio per uscire dalla schiavitù dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi, che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a testimoniare la sua paternità mediante la loro fraternità”.
Questa bellezza che salverà il mondo interpella tutti i credenti perché, come ha detto anni fa padre Dall’Oglio, l’hanno molto spesso fraintesa, o, peggio distorta, pensando che fuori dalla loro verità di fede ci siano solo false credenze e quindi una falsa umanità. Questa falsa umanità sarebbe fatto da tutti coloro che vedono diversamente, mentre Abramo è il padre di chi vede Dio con occhi ebrei, con occhi cristiani, con occhi musulmani. E’ lui che ci salverà allora?
Lo sguardo del papa da Ur ha cercato di salvarci mostrandoci l’unicità plurale del creato, che ci chiedere di tenere in ordine la casa comune nel rispetto dei diversi volti dell’umanità: non sognando che i mari diventino uguali ai monti, i deserti alle città, no! La verità è plurale, unisce in un uno più grande tutto questo, come nell’umanità unisce tutti i diversi. Il pluralismo di Dio, eccola la verità, quella che ci salverà. Questo ci ha indicato, da Ur, il più straordinario discorso di Jorge Mario Bergoglio, almeno per come l’ho capito io. Questo discorso vede i sunniti vittime di chi, come l’Isis, vuole fare di tutti sunniti, o di chi come le milizie khomeiniste, vuole eliminare tutti i non khomeinisti, o di chi, come certi cristiani, pensa che chi non crede come loro rifiuta Dio.