Sospettata ingiustamente di aver “comprato” il Premio Nobel, insultata in Senato da Berlusconi, bocciata al festival di Sanremo.
La lunghissima vita di Rita Levi Montalcini è ricca di grandi emozioni, atroci dolori, tanti successi e qualche rimpianto. A rileggere la sua biografia nella serie “Le grandi donne della storia” mandata in edicola dal Corriere della sera salta agli occhi non solo l’attualità della grande scienziata torinese, ma soprattutto la sua straordinaria capacità di intuizione e di anticipare i tempi. Del resto, il padre l’aveva educata a diventare una libera pensatrice, non necessariamente cattolica o ebrea. E lei non fece mai aperta professione di fede.
Era nata a Torino nel 1909, non ha mai voluto sposarsi, preferendo la vita da ricercatrice a quella, che peraltro ammirava, di moglie e madre, ha dato alla ricerca scientifica internazionale un impulso straordinario. I suoi studi nel campo delle neuroscienze sono tuttora fondamentali.
In Senato
Vent’anni fa, ed è un anniversario, Rita Levi Montalcini fu nominata senatore a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Era il 2001, la senatrice, come lei preferiva chiamarsi, aveva 92 anni, e per tutta l’aula di palazzo Madama fu un esempio di esemplare comportamento da parlamentare. Fino a quando la salute glielo consentì non mancò ad una seduta e il suo fisico minuto sempre elegantemente vestito di nero e con una perfetta acconciatura dei capelli bianchi spiccava sul rosso delle poltrone di velluto. Tutti la stimavano e l’apprezzavano, ma un giorno l’incanto si ruppe. E fu il 19 maggio 2006 quando in occasione della votazione della fiducia al secondo governo Prodi Silvio Berlusconi allora capo dell’opposizione definì “immorale” la condotta dei senatori a vita “che non li vedi mai ma te li trovi in aula quando si tratta di votare”. Rita Levi Montalcini giustamente si offese ma rispose per le rime rivendicando il diritto dei senatori a vita di esprimere il proprio parere nel dibattito politico. Più tardi si riconciliò con Berlusconi che le chiese scusa.
La stessa cosa sarebbe successa alcuni anni dopo ad un’altra donna senatrice a vita, Liliana Segre, ebrea e come la Montalcini scampata alla persecuzione nazi-fascista, che di recente è stata insultata in aula dall’opposizione leghista, quando votò a favore del governo Conte. A dimostrazione che i parlamenti passano ma i cialtroni restano.
Il Nobel
Il 10 dicembre (non è un anniversario ma merita di essere ricordato) Rita Levi Montalcini fu chiamata a Stoccolma per ritirare dalle mani di re Gustavo XVI il premio Nobel per la fisiologia assegnatole insieme con l’americano Stanley Cohen per la scoperta del fattore di accrescimento delle cellule nervose, il campo al quale la scienziata torinese si era dedicata per tutta la vita. Un riconoscimento che la Montalcini, 77 anni, non si aspettava e che giustamente la emozionò. Ma alla gioia del momento prestò seguì la sorpresa e il dolore per un’accusa infamante, secondo la quale quel premio Nobel era stato comprato, di fatto pagato da un’industria farmaceutica italiana che aveva corrotto l’Istituto Karolinska e la sua commissione di selezione dei candidati al premio. L’accusa si rivelò subito infondata, la stessa Accademia delle scienze danese lo riconobbe, ma per la nostra scienziata fu un colpo terribile. E chi era stato l’autore dell’oltraggio? Un personaggio che di lì a poco e per anni sarebbe stato al centro di una clamorosa vicenda giudiziaria del resto non ancora conclusa: Duilio Poggiolini, al tempo direttore del servizio farmaceutico nazionale del ministero della sanità, che era stato arrestato con l’accusa di aver messo insieme un favoloso tesoro in contanti, gioielli, titoli, quadri d’autore e oggetti preziosi facendo da intermediario per le industrie farmaceutiche che attendevano dal ministero il riconoscimento della validità dei loro farmaci da vendere Anche allora si speculava sui farmaci, come oggi sulle mascherine e sui vaccini anti-covid. La Montalcini, con il suo rigore morale, ne sarebbe inorridita. In quegli anni fu un affare da milioni di lire, e infatti milioni in contanti, anche in valuta estera, la polizia scoprì in casa di Poggiolini nascosti in un pouf del salotto. La notizia fece epoca. In quei giorni dal carcere un giorno Poggiolini se ne era uscito con la “bomba”: il Nobel alla Montalcini è stato pagato da un’industria di cui lei era una sorta di testimonial. Prima di spegnersi, la vicenda suscitò un clamore eccessivo anche per la dura tempra dell’anziana scienziata e lei ne soffrì moltissimo. Duilio Poggiolini, oggi quasi un novantenne con problemi di salute, fino a qualche tempo fa viveva precariamente in una casa di riposo abusiva dove ancora una volta si trovò davanti gli agenti di polizia mandati a indagare. Anche lui chiese scusa alla Montalcini, ma troppo tardi.
Una canzone per Sanremo
Fra pochi giorni prende il via il travagliatissimo festival di Sanremo. L’apposita commissione ha già deliberato sulle canzoni da ammettere alla rassegna, solo in seguito sapremo se si sarà macchiata della colpa di aver escluso brani che avranno comunque fortuna fuori dal teatro Ariston. Non sarebbe la prima volta. A questo proposito non tutti sanno che anche Rita Levi Montalcini scrisse una canzone che un amico si incaricò di mandare a Sanremo. Era il 2006 e la scienziata era stata invitata a scrivere sui temi che più le stavano a cuore come l’infanzia e l’uguaglianza e nell’occasione, lei che da giovane aveva accarezzato il sogno di diventare una scrittrice, compose dei versi per una canzone intitolata Linguaggio universale. Ad arrangiare il testo e a musicarlo furono i Jalisse, il duo pop che nel 1997 aveva vinto il festival. Una volta completato, il brano fu proposto alla commissione di selezione del festival edizione 2007, ma fu scartato. Così Rita Levi Montalcini mancò l’occasione di apparire come autrice alla ribalta del festival di Sanremo, dove peraltro il suo collega scienziato e caro amico Renato Dulbecco, anche lui premio Nobel per la medicina, nel 1999, si era fatto convincere da Fabio Fazio ad affiancarlo come conduttore delle serate, insieme con la francese Letizia Casta. C’è da credere che quella fu l’unica edizione del festival di Sanremo che Rita Levi Montalcini non mancò di vedere in televisione, in omaggio ad un amico scienziato con il quale aveva condiviso nottate in laboratorio.