Le testimonianze dirette provenienti dalla Russia, di persone impegnate in prima linea nella difesa dei diritti umani, rappresentano il coraggio e la resilienza di un popolo stremato da anni di violente ritorsioni. Noi di Articolo 21 Calabria abbiamo raccolto il grido di denuncia di Lidia Olshanskaya, un’attivista civile ottantaquattrenne, arrestata durante la recente ondata di proteste. Grazie alla mediazione linguistica di sua figlia, Antonina Olshanskaya, restauratrice russa naturalizzata italiana, percepiamo la profonda commozione della donna nel ricostruire le dinamiche degli ultimi raccapriccianti eventi. Ci parla degli attivisti più giovani, a cui è toccato far fronte a difficili giornate di detenzione, e dei più anziani come lei, costretti a pagare una sanzione di diecimila rubli. Il corrispettivo di 120 euro, cifra non accessibile a tutti.
Per i detenuti, la pena viene prorogata in maniera continuativa, quindi le giornate effettive di reclusione sono nella realtà maggiori rispetto a quelle rese ufficiali. All’attivista che ha dedicato la propria esistenza alla battaglia per i diritti civili è stata inoltre vietata la comunicazione con i propri familiari, e l’unico ponte informativo si è rivelato essere un avvocato, anch’egli volontario, anch’egli impegnato a contrastare il devastante impatto che tali lotte stanno avendo sull’incolumità dei manifestanti. Le condizioni delle carceri, infatti, sono allarmanti: il cibo viene fornito grazie a dei volontari, i quali consegnano pacchi alimentari alla polizia, che provvede a ripartirli tra i detenuti. Vengono denunciati anche episodi di violenza fisica. “Ci hanno caricati su un pullman speciale, e in caserma di polizia hanno redatto un verbale con false motivazioni d’arresto”, racconta. “Il motivo del mio arresto – continua – era l’apparente impedimento da parte mia della libera circolazione dei trasporti”. “Ma la zona in cui sono stata arrestata, come si vede dal filmato, è esclusivamente pedonale, e non vi è presenza di mezzi pubblici”, aggiunge. Le sue parole evidenziano anche il peso soffocante dei bavagli e della soppressione della libertà d’espressione nella società russa: “Non tutti si rendono conto della situazione, le televisioni sono un mezzo di propaganda, e molte persone ci credono. Fortunatamente, molti altri ne hanno intuito la gravità, e si stanno mobilitando”. L’unico mezzo d’ informazione libera sono infatti social network come Telegram, sui quali il governo non riesce ad avere il controllo totale. Ma gli account di molti attivisti restano bloccati. Lo stato di timore è unito all’amara consapevolezza del livello di soggiogamento a cui è confinato il popolo russo. Tutto ciò accade mentre a Navalny viene confermata la condanna detentiva, ed il portavoce della Duma di Stato, Vyacheslav Volodin consacra la Russia quale “ultima isola di libertà”. “L’Italia si adopererà per alimentare meccanismi di dialogo con la Federazione Russa. Seguiamo con preoccupazione ciò che sta accadendo in questo e in altri paesi dove i diritti dei cittadini sono spesso violati”, sosteneva Mario Draghi al Senato durante il discorso per la fiducia al Governo. L’augurio è che testimonianze come quella riportata, rappresentino la motivazione cardine per convertire le intenzioni di dialogo in un’inderogabile battaglia in difesa dei diritti umani.
*Maria Caterina Bruno, Articolo21 Calabria