«Il triste bollettino di guerra è ripreso inesorabile nel 2021 e siamo arrivati a 40 morti sul lavoro dall’inizio dell’anno. Se poi aggiungiamo i morti sulle strade ed in itinere, arriviamo a oltre 80». A ricordarlo a Riforma.it è Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza a Firenze e che da anni documenta la tragedia delle morti sul lavoro compilando la lunga e triste lista di decessi.
Bazzoni, inoltre, mantiene un costante contatto con le famiglie che hanno perso un loro caro sul lavoro, diffonde informazioni e raggiunge i giornalisti per far sì che la tragedia delle morti sul lavoro non passi sotto silenzio. Strage di persone troppo spesso oscurata, dimenticata, dall’informazione mainsteam.
«Sono troppe le famiglie che piangono, e accade quasi ogni giorno, perché un loro parente non fa più ritorno a casa. Morti sul lavoro che colpiscono soprattutto i giovani lavoratori. Persone – prosegue Bazzoni – costrette a lavorare senza certezze, senza sicurezze e senza un diritto fondamentale: quello di potersi cambiare a fine turno e tornare, come dovrebbe invece essere normale, nelle proprie case dalle loro famiglie e dai propri figli.
Parliamo di mariti, di padri, di figli, di persone che hanno un nome e un cognome e non di numeri o dati statistici, di persone che varcano l’uscio di casa per andare a lavorare per garantire un presente e assicurare un futuro dignitoso alle proprie famiglie, di persone che contribuiscono allo sviluppo del nostro Paese con il loro lavoro; Paese che invece non ricambia allo stesso modo e non fa abbastanza per proteggerli», rileva Bazzoni.
Il numero di morti inerente all’anno 2020 è chiaro e inequivocabile: 1270 vittime (contando anche le vittime in itinere) che fanno toccare un +17% di mortalità rispetto al 2019 e un incremento del 35% per quanto riguarda i soli infortuni passati da 783 a 1056.
A indossare la maglia nera del 2020 (per numero di decessi) è la Lombardia con 222 vittime. Seguono il Piemonte con 107 decessi, l’Emilia Romagna (100), la Campania (98), il Lazio (72), la Sicilia (67), il Veneto (65), la Puglia (59), la Toscana (54), le Marche (40), la Liguria (39), la Calabria (31), l’Abruzzo (28), la Sardegna (22), il Trentino Alto Adige (16), il Friuli Venezia Giulia (12), l’Umbria (10), la Basilicata (6), il Molise (6) e la Valle D’Aosta con due decessi.
«Occorre potenziare un coordinamento tra le istituzioni che si occupano di vigilanza e di prevenzione per fermare questa “mattanza” quotidiana – prosegue Bazzoni -. Occorre predisporre azioni mirate e una migliore formazione, direi un addestramento rivolto ai lavoratori e altresì indirizzato ai datori di lavoro che impiegano persone in lavori a rischio; una formazione didattica, poi, volta alla sensibilizzare sul tema sicurezza e lavoro già a partire dalle scuole, infine, ritengo sia necessario e urgente rafforzare il ruolo degli Rls (lavoratori per la sicurezza)».
Le morti sul lavoro nel 2020 sono aumentate anche per via della pandemia, il covid-19 ha colpito e si è diffuso in molti luoghi di lavoro.
I contagi sul lavoro da Covid-19 rilevati dall’Inail (l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) alla data dello scorso 31 dicembre vedeva 131.090 (pari al 23,7%) denunce di infortunio pervenute all’Istituto nel solo 2020.
6,2% quelli comunicati dall’Istituto superiore di sanità (Iss) alla stessa data.
A contenere questi dati è il 12esimo Report nazionale sulle infezioni di origine professionale da nuovo Coronavirus elaborato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail, pubblicato insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali e da cui emerge un incremento di 26.762 casi (+25,7%) rispetto al monitoraggio precedente al 30 novembre, di cui 16.991 riferiti a dicembre, 7.901 a novembre e altri 1.599 a ottobre, complice la seconda ondata dell’epidemia, che ha avuto un impatto più intenso della prima anche in ambito lavorativo.
Una graduatoria di più facile interpretazione è quella riportata dal quotidiano TorinoOggi la quale ci informa che il numero di decessi per Covid vede questa triste classifica: la Lombardia (dove si evidenzia il 37,6% di denunce) con 159 decessi e poi la Campania (40 decessi), l’Emilia Romagna e il Piemonte (37 decessi), il Lazio (28 decessi), la Puglia (23 decessi). Seguono: la Liguria (20 decessi), la Sicilia (15), la Toscana (14), Abruzzo e Marche (12 decessi), Veneto (10 decessi), Umbria (5 decessi), Calabria (4), la provincia autonoma di Trento e Friuli Venezia Giulia (2), Valle d’Aosta, Sardegna e Molise (1 decesso).
«Sono tante, troppe le morti. E alcuni, ancora, si ostinano a chiamarle con un termine ipocrita “morti bianche”», conclude Bazzoni.