Joe R. Lansdale è autore prolifico ma sempre di alta qualità, con frequenti pubblicazioni dei suoi romanzi anche in Italia dove è seguitissimo. Tuttavia oggi vorremmo consigliare un romanzo “minore” uscito nel 2008 per Fanucci per segnalare una chicca che al momento della pubblicazione venne apprezzata solo dai fan. Una raccomandazione, però. Se avete l’animo sensibile, non acquistate La morte ci sfida, perché l’autore americano non risparmia sulla violenza. Ma se siete cresciuti a fumetti, libri e film horror allora è il vostro romanzo. Con lui si va sul sicuro se apprezzate la letteratura di genere, che il texano spesso intreccia nei suoi libri con l’horror, la fantascienza, il noir o il western. Come in questo romanzo, originariamente apparso anni fa a puntate su una rivista, Eldritch Tales, per essere poi rivisto per la pubblicazione in volume. Omaggio ai romanzi popolari (dime novels) diffusi negli Usa a fine ‘800, tributo a tanta letteratura pulp di alcuni decenni fa e, fin dalla copertina, ai fumetti, spesso “indecorosi” degli anni ’60, La morte ci sfida – come ha detto lo stesso Lansdale – “Non è un libro di ‘grandi riflessioni’. Più che altro è come i film dell’orrore che guardavi alla televisione la sera tardi.”
E’ una sorta di vecchia pellicola dell’adolescenza, tra il western e l’horror, girata in bianco e nero in cui spicca soltanto il rosso vivo del sangue. Eppure la violenza non è fine a se stessa, non vi è nessuna sua estetizzazione, ma è raccontata come compagna quotidiana delle nostre paure. Oggi, travolti dal timore pandemico, abbiamo dimenticato che fino a poco tempo fa abbiamo fatto, per la nostra “tranquillità”, le ronde nei quartieri, abbiamo assaltato i campi nomadi o i negozi degli immigrati, pestando a sangue anche africani o asiatici. Bazzecole. In altri tempi e altri luoghi, invece, non si andava per il sottile quando la comunità era minacciata dai forestieri. “Io gioco con le paure perché credo che dobbiamo essere in grado di affrontarle. Le nostre paure sono come un coccodrillo che noi dobbiamo nutrire, perché se non gli diamo da mangiare sarà affamato e pericoloso. Io faccio lo stesso con le paure.” Ha dichiarato in una intervista Lansdale. Beh, prendete l’America di fine ‘800 e, in particolare, il Texas orientale. Arriva un giorno a Mud Creek uno straniero, per giunta indiano e stregone, insieme ad una mezzosangue nera, bellissima e sconvolgente, per vendere medicine. La diffidenza degli abitanti si scioglie davanti alla constatazione che i farmaci a loro propinati sembrano funzionare veramente. Un giorno, però, la piccola Blenda si ammala.
L’indiano la cura apparentemente senza successo. Si scatena, allora, la furia dei cittadini contro i due stranieri. “Portarono la donna in mezzo ai cespugli e la violentarono, le tagliarono i seni e le orecchie, le mutilarono il corpo facendola urlare così forte che l’indiano – legato sul carro mani e piedi – poté sentirla.” Prima di morire impiccato, però, il guaritore scaglia una maledizione contro la città e i suoi abitanti. A questo punto l’orrore si diffonde sulla città. Nella notte i morti si aggirano in cerca di carne umana. Forse solo il reverendo Jebidiah Mercer – districandosi nell’ingarbugliata matassa del bene e del male – armato di fede e di un revolver Navy calibro 36 può mettere mano alla situazione. I romanzi di Lansdale sono adrenalina pura, e anche quando non completamente riusciti non lasciano indifferenti. Lo scrittore texano sa maneggiare temi importanti come la paura e la giustizia facendo anche divertire i suoi lettori grazie ad una equilibrata e ironica dose di violenza e cinismo. A quel punto l’horror può sfumare nello humour.