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Il rapporto dell’Iss conferma: più tumori nella Terra dei fuochi. Il procuratore Greco: l’altra emergenza dopo il covid

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Era un’ipotesi, un timore, talvolta una maledetta consapevolezza messa insieme al di là dei dati. Tutto questo è stata la Terra dei fuochi. Per anni le immagini di roghi, fumo, proteste, l’inferno al centro dell’Italia, sopravvissuto col carico delle immagini dei fusti, degli operatori bardati come astronauti per effettuare i prelievi dalle acque, dal suolo, dall’aria, da quel mondo inquinato. L’ipotesi, poche ore fa, è diventata certezza: esiste un nesso causale tra l’insorgenza di tumori nell’area della cosiddetta Terra dei Fuochi e la presenza di siti abusivi di rifiuti. E’ scritto, nero su bianco, nel rapporto conclusivo dei lavori dell’accordo che la Procura di Napoli Nord ha stipulato a giugno del 2016 con l’Istituto Superiore di Sanità. La relazione conclusiva è stata presentata ieri mattina (10 febbaraio) presso la Corte d’Appello di Napoli; i risultati indicano che “la mortalità e l’incidenza per tumore della mammella è significativamente maggiore tra le donne dei comuni inclusi nella terza e quarta classe dell’indicatore di esposizione a rifiuti (livello di rischio da rifiuti maggiore) rispetto ai comuni della prima classe, meno impattati dai rifiuti”. E ancora: “il territorio, con una superficie totale di 426 km2, è interessato dalla presenza di 2.767 siti di smaltimento controllato o abusivo di rifiuti, anche pericolosi, in 653 dei quali risultano anche avere avuto luogo combustioni illegali”. In quel comprensorio il 37% della popolazione, risiede entro 100 metri da almeno un sito, ma spesso da più di uno, e questo determina una molteplicità di fonti di esposizione pericolose. Siamo di fronte ad una elevatissima densità di sorgenti di emissioni e rilasci di composti chimici pericolosi per la salute umana. “Seppure il fenomeno sembra essere diffuso nell’intera area, le popolazioni residenti in alcuni comuni esperiscono un rischio maggiore di esposizione ai contaminanti emessi/rilasciati da siti di smaltimento di rifiuti”, si legge nel rapporto illustrato on line dal procuratore Francesco Greco, dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro e dal procuratore generale di Napoli, Luigi Riello.
“E’ necessario sviluppare un sistema di sorveglianza epidemiologica integrata con dati ambientali nell’intera Regione Campania – ha detto Brusaferro – e in particolare nelle province di Napoli e Caserta, così come nelle altre aree contaminate del nostro Paese, in modo da individuare appropriati interventi di sanità pubblica, a partire da azioni di bonifica ambientale”. Secondo il procuratore di Napoli Nord, Greco, le bonifiche “devono partire immediatamente” perché in quella fascia di territorio “è l’emergenza più importante per Caserta e Napoli dopo il Covid”.
La mappa del rapporto distingue i 38 comuni in quattro classi, con fattori di rischio crescenti: dall’uno (meno esposti a fattori inquinanti) a quattro (più esposti). Giugliano in Campania e Caivano sono di livello 4; altri cinque, ossia Cardito, Casoria, Melito di Napoli, Mugnano e Villaricca sono di livello 3; undici di livello 2 di cui sette del Casertano (Aversa, Casal di Principe, Sant’Arpino, Casaluce, Gricignano d’Aversa, Lusciano e Orta di Atella e quattro in provincia di Napoli, ossia Afragola, Casandrino, Crispano e Qualiano. I restanti 20 comuni sono di livello . Si tratta di Carinaro, Cesa, Frignano, Cesa, Parete, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino, Succivo, Teverola, Trentola Ducenta, Villa di Briano, Casapesenna, Villa Literno per la provincia di Caserta e Arzano, Calvizzano, Casavatore, Frattamaggiore, Frattaminore, Grumo Nevano, Marano e Sant’Antimo per la provincia di Napoli.


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