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Strage di Bologna, strage di stato

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Le date delle stragi non sono scelte a caso:  il 2 agosto coincide con la caduta della repubblica di Weimar e la nascita dello Stato Assoluto in capo ad Adolf Hitler. Il quarto uomo della bomba alla stazione di Bologna condannato all’ergastolo Gilberto Cavallini riscriveva nella sua agenda l’Inno delle SS, la pistola con cui uccise alla spalle il giudice Mario Amato il 2 giugno 1980 aveva stampigliata l’aquila nazista.
Anche queste significative note a margine contengono le oltre 2000 pagine nella quali il giudice della corte d’assise di Bologna Michele Leoni motiva la condanna di Cavallini e riordina e collega 40 anni di stragismo ed eversione nera in Italia: una strage annunciata, preparata già un anno prima sotto l’alto patronato della Loggia P2 di Licio Gelli e dei servizi segreti: una strage di Stato, scrive il giudice, dalla quale emergono circostanze inquietanti  più o meno note.
L’allora procuratore della repubblica di Bologna Ugo Sisti, titolare delle indagini, che la notte successiva la strage, sparisce per trovare ospitalità nell’albergo del padre di Paolo Bellini, già latitante e ora a processo come quinto uomo della strage.
Oppure la riunione riservatissima del 5 agosto 1980, tre giorni dopo la strage, presenti tra l’altro il presidente del consiglio Cossiga, i principali ministri, comandanti militari e direttori dei servizi: siedono al tavolo sei affiliati alla loggia segreta P2. La riunione mette in pratica L’abc dei depistatori di professione con due direttive: escludere collegamenti con i Nar, gli esecutori già  accertati (Mambro, Fioravanti, Ciavardini e Cavallini) e evitare collegamenti con la magistratura.
La corte d’Assise conclude denunciando 12 persone per depistaggio, calunnia e falsa testimonianza. Tutti reati commessi nel processo. Tra questi anche il generale Mario Mori.

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