Sono quasi 22 mila i migranti respinti lungo la Rotta Balcanica dagli inizi del 2019 ad ottobre 2020 secondo le stime del Danish Refugee Service con un netto aumento registrato lo scorso anno, 1240 quelli “riammessi” dall’Italia in Slovenia nel 2020 e poi respinti a catena fino in Bosnia (nel 2019 erano stati “solo” 237, con un incremento dunque del 423%): sono numeri impressionanti ma prima di tutto sono persone. Persone che hanno fatto anche 10 mila chilometri in cerca di un futuro, di qualunque tipo purché vivo; persone che hanno tentato il “game” fino a 15 volte; persone che portano sui propri corpi il segno dell’incontro con la polizia croata, le loro armi e i loro cani, ma soprattutto la loro crudeltà; persone che ora rischiano di morire assiderate, ostaggio della neve e del gelo oltre che di politiche disumane.
Per questo motivo, per ribadire con forza che “tutte le vite valgono!”, la Rete DASI (Diritti Accoglienza Solidarietà Internazionale) del Friuli Venezia Giulia, rifacendosi ai principi ispiratori dell’azione politica nonviolenta, ha promosso — a partire da ieri, domenica 17 gennaio — un digiuno a staffetta con lo scopo di non spegnere i riflettori, che dopo tanto tempo finalmente si sono accesi, su questa terribile situazione, di far comprendere che ci riguarda e nessuno può tirarsi fuori, di portare avanti delle precise istanze politiche. Nel dettaglio si chiede a tutti i Governi dell’Unione Europea e in primis al Governo italiano di porre immediatamente fine ai respingimenti tra Italia, Slovenia e Croazia, a causa dei quali migliaia di persone vengono rigettate in Bosnia, dopo aver subito violenze e vessazioni ampiamente documentate, in aperta violazione delle leggi europee e della Costituzione della nostra Repubblica che tutelano il diritto d’asilo; di attuare un piano di ricollocamento tra tutti i Paesi UE dei rifugiati bloccati in Bosnia che permetta una effettiva protezione e alleggerisca la Bosnia, Paese con risorse limitate ed ancora diviso al proprio interno, delle responsabilità che la UE non vuole assumersi; di aiutare la Bosnia a realizzare un progressivo programma di accoglienza e protezione dei rifugiati adeguato alle sue possibilità, escludendo la creazione, finora invece favorita, dei campi di confinamento nei quali isolare i rifugiati in condizioni indegne.
È tempo che ognuno ci metta la faccia e realizzi un vero e proprio esercizio di fraternità, che come diceva Morin e come ci ha ricordato papa Francesco è l’unico mezzo per resistere alla crudeltà del mondo.
Info su http://sconfini.net/