Quella che ci presenta Gianrico Carofiglio, con “La disciplina di Penelope”, Mondadori Editore (192pp, €16,50), in libreria dal 19 gennaio, è la decostruzione della classica versione del mito di Penelope del mondo omerico: sintesi di bellezza, regalità, fedeltà, mitézza ed astuzia. La Penelope del romanzo è, invece, una figura femminile forte, un ex Pubblico Ministero, che a causa di un misterioso incidente è stata costretta ad abbandonare la toga. Una donna, oramai, in preda al malessere di vivere, carica di rabbia, sopraffatta dagli eventi, ma ancora affascinante, che non disdegna gli incontri occasionali con uomini sconosciuti. A scandire le ore delle sue giornate vuote, assenti, sprecate, il Tavor e l’immancabile razione di alcool: che sia vino, o bourbon o Jack Daniel’s poco importa.
“Scivolai con cautela fuori dal letto, attenta a non svegliare l’uomo. Come si chiamava? Alberto, forse, ma non ne ero sicura, il volume della musica era troppo alto quando c’erano state le presentazioni. Raccolsi le mie cose, sparse fra una poltrona e il pavimento, e raggiunsi il bagno (….) più che sesso sembrava una gara di culturismo. Quando mi domandò se mai un altro uomo mi avesse fatto godere in quel modo mi dissi che poteva bastare… Simulai un orgasmo di prim’ordine, con tanto di gemiti e sussulti, e anche lui, a quel punto, si sentì autorizzato a terminare l’esibizione”.
Ma ecco che l’occasione di tornare in pista si presenta con la richiesta d’aiuto di un uomo a cui hanno ucciso la moglie con un colpo di pistola alla nuca e le cui indagini di polizia hanno portato ad un nulla di fatto, ad un’archiviazione. Indagini che avevano visto l’uomo, il marito, come il principale ed unico indagato. Un finale questo per lui inaccettabile, in quanto non in grado ad azzerare i sospetti che, in ogni caso, incombevano su di lui. Egli ha perciò bisogno che l’ex P.M. lo aiuti a trovare il vero colpevole; soltanto in questo modo potrà recuperare l’onore perduto, e, sopra ogni cosa, la fiducia della sua unica e giovanissima figlia che un domani, da grande, nel leggere la cronaca dell’epoca, potrebbe dubitare di lui.
Dopo un iniziale tentennamento, l’ex P.M. – che dopo aver abbandonato la magistratura si occupava di piccole indagini da due soldi concernenti, per lo più, beghe familiari – e dopo aver letto gli atti dell’indagine che avevano portato ad un frettoloso procedimento di archiviazione, decide di accettare l’incarico. Ad affiancarla nelle indagini, un suo ex collaboratore di polizia giudiziaria, tale Barbagallo, alias “Mano di Pietra”, che era in debito con lei.
Inizia così un’indagine che si snoda tra le vie di Milano e che, almeno inizialmente, sembra doversi concludere con un nulla di fatto, sino a quando, improvvisamente e, a dire il vero, alquanto misteriosamente, il ricordo di una confidenza fatta a “Mano di Pietra” da un suo confidente, sembra offrire uno spiraglio di luce alle indagini.
Un romanzo breve, ben scritto, la cui lettura scorre veloce; che lascia nel lettore una sensazione malinconica, quasi di compassione verso una donna sconfitta, ma non del tutto, a cui la vita (forse) ha offerto un’ altra occasione per ritrovare sé stessa.