La crudele prassi del sistema giudiziario egiziano denominata tadweer (“rotazione”) ha colpito ancora. Funziona così: nel corso o alla fine del periodo di detenzione preventiva, un giudice dispone che un prigioniero in attesa di giudizio venga posto in libertà condizionata o rilasciato senza condizioni. Ore o giorni dopo, terminate le procedure burocratiche per la scarcerazione, torna dentro per una nuova incriminazione.
Tra le ultime vittime del tadweer ci sono il blogger Mohamed Ibrahim Mohamed Radwan, noto come Mohamed “Ossigeno”, l’attivista politico Sameh Saudi e il docente di Scienze politiche Hazem Hosny. Da oggi c’è anche Shimaa Samy, giornalista del portale Darb, vicino al Partito dell’alleanza popolare socialista. Il 17 gennaio era stata disposta la libertà condizionata ma non è mai uscita dalla prigione, dove si trova da 255 giorni, perché è stata pretestuosamente associata a una nuova inchiesta. Arrestata nella sua abitazione di Alessandria il 20 maggio 2020 e vittima di sparizione forzata per 10 giorni, Samy è accusata dei consueti “reati” contenuti nei mandati di cattura copia-e-incolla che colpiscono dissidenti, attivisti, difensori dei diritti umani, avvocati, blogger e giornalisti: propaganda per il terrorismo, diffusione e pubblicazione di notizie false, uso dei social media per diffondere notizie false.
L’unico suo “reato” è di aver scritto articoli su uno degli argomenti-tabù: i prigionieri politici.
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