BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Dopo l’assalto a Capitol Hill, l’informazione sui social non appartiene ai loro padroni

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La decisione presa dai padroni di Facebook, Twitter e Instagram di bloccare i profili di Donald Trump segna una tappa importante nella storia della comunicazione. I padroni del web hanno capito che dovevano impedire a un capo di Stato di incitare alla violenza. Dunque, sono loro che decidono? Ma quando è consentito e quando non lo è? Possono censurare il capo della più grande potenza ? E se fossero stati amici del Presidente lo avrebbero fatto? Questa è la libertà che Internet ha fatto sognare?

Forse ora tutti hanno compreso che a qualsiasi mezzo di comunicazione devono essere imposti un limite e un’etica. Non è accettabile che qualcuno possa usare la Rete (o la tv, o i giornali!) per prendere o tenere il potere. Il concetto stesso di democrazia non lo consente. Perfino gli ateniesi e i romani lo avevano capito: nessuno è legibus solutus. Basta andarsi a rileggere i testi antichi e la teoria di Montesquieu sull’equilibrio fra i poteri.

TOGLIERE L’ARMA

Trump ha provato a usare la piazza per riprendersi con la forza la poltrona che nell’urna gli americani gli avevano tolto. Per quattro anni ha utilizzato i social per aizzare i suoi simpatizzanti. Alla fine, dopo aver assistito all’invasione di Capitol Hill, il capo di Facebook, Mark Zuckenberg, ha deciso di togliere l’arma dalla mano del presidente degli Stati Uniti. Ma se fosse stato anche lui un seguace di Trump? I social possono aiutare a prendere il potere. Ma se questo è vero, se questi strumenti di comunicazione possono finire nelle mani di fanatici con in testa le corna da vikingo  e in pugno un Kalashnikov, che fine può fare, da un giorno all’altro, anche la più celebre democrazia?

Alcune risposte esistono già. Se l’uomo che siede sulla poltrona più importante impazzisce o strappa il suo giuramento, altri poteri dello Stato possono e devono intervenire. Nei paesi democratici, le Costituzioni liberali prevedono che il presidente, il premier, il cancelliere, lo si chiami come si vuole, possa essere fermato. E se l’arma che usa per sobillare le masse si chiama Internet anche questa gli deve essere tolta. Come se si impadronisse della radio e della tv per scatenare i propri sostenitori. Le leggi già esistono, e così i giudici e le corti supreme. In una democrazia ci sono strumenti per fermare chi cerca di imporre la propria dittatura. Basta usarli con decisione e coraggio, quando è il momento. Altrimenti, per quanto appaia solida, può sgretolarsi e sciogliersi appena qualche migliaio di persone assaltano il palazzo d’inverno.

GESTI SOTTOVALUTATI

Internet e i suoi padroni non sfuggono a questo scenario. Non spetta a loro il compito di difendere la democrazia. Se bloccano Trump è perché capiscono che rischiano grosso e fanno ciò che avrebbero dovuto fare ben prima: evitare di ospitare messaggi di violenza e di odio, idee eversive, chiunque le pronunci. E dovunque. Ora è chiaro a tutti: il web non può essere lasciato senza regole. Non è ambiente in cui tutto è possibile e all’interno del quale nessuno porta la responsabilità. Non è così.

E poi c’è il giornalismo, che è soffocato nei paesi totalitari, ma in quelli liberali ha il ruolo del cane da guardia, che negli Stati Uniti tutti riconoscono. I giornalisti non sono stati ascoltati, anche se da quattro anni segnalavano le bugie riversate ogni giorno su Twitter dal capo della Casa Bianca, i suoi atteggiamenti boriosi e autoritari. Gli allarmi lanciati, in prima fila dal New York Times e dal Washington Post, non sono bastati. Diciamo che i comportamenti di Trump da molti sono stati sottovalutati, non lo consideravano pericoloso. Certo, anche se questo brutto capitolo è forse chiuso, gli americani non potranno dimenticarla facilmente e magari ripenseranno a quelle pagine e a quegli articoli che raccontavano le “gesta” del loro strano presidente.

Magari una riflessione la faranno anche alcuni italiani. Qui, durante il terribile 2020 infestato dal Covid, molti uomini di governo hanno ammesso l’importanza di un’informazione corretta e professionale. Si è capito che il buon giornalismo era importante nella guerra contro la pandemia. Ora la lezione americana prova che esso serve anche a smascherare chi dice il falso, a impedire che siano diffusi messaggi che incitano alla sopraffazione e alla violazione delle leggi, che vanno rispettate anche quando il mezzo usato è quello che chiamiamo Internet. Naturalmente esistono (anche in Italia) giornali faziosi che a Trump hanno fatto l’occhiolino e che del corretto uso della democrazia non si preoccupano. Di questi si deve ricordare chi va in edicola, cioè i cittadini che di ogni vicenda sono sempre i protagonisti. 

Fonte: ProfessioneReporter


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