Dagli Usa una lezione: rilanciare la conoscenza      

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Forse lo fa per tentare di difendersi dalla rimozione dalla presidenza che i congressisti democratici chiederanno in applicazione del venticinquesimo emendamento; o forse lo fa per recuperare un minimo di dignità in vista del 20 gennaio. Quel che è certo è che la dichiarata condanna degli atti di violenza al congresso, dopo averli incitati, aggiunge vergogna al disgusto per questo traditore delle democrazia statunitense. Atti di violenza che hanno causato finora cinque morti, ultimo della lista un poliziotto colpito da un idrante impugnato da un rivoltoso.

Aggressione che è stata la manifestazione più evidente della sedizione, ma che ha tenuto seminascosti altri segnali altrettanto preoccupanti, sdoganati dal quadriennio della politica trumpiana come le bandiere del Ku Klux Klan, o quelle degli stati secessionisti del sud nella guerra civile. E che dire di quei mostruosi selfies scattati come trofei di conquista nei luoghi sacri di quella democrazia, violati, volgarizzati, deturpati?

Sono queste ultime dimostrazioni di rifiuto della storia e della crescita dei sentimenti democratici che fanno capire che la repressione non basta. Anzi. Quelle bandiere, come  i cortei nazisti in Polonia e in Germania e le adunate fasciste in Italia, dimostrano un grave deficit di iniziative culturali per favorire e sviluppare la conoscenza. Inutile fare appelli se non si opera nella pratica  per combattere la negazione delle libertà e della dignità di donne, uomini, bambini e per sviluppare sempre più valori etici e sociali come la convivenza, il rispetto, la solidarietà.

Le forze politiche non possono più limitarsi alla ritualità delle condanne. I repubblicani americani dovranno dimostrare che il loro dissenso da Trump non è solo di tipo personalistico, ma di tutto quello che egli ha fatto contro l’integrazione degli immigrati, il libero scambio, il riconoscimento della parità tra i sessi e tra i tanti gruppi etnici che formano gli Stati Uniti.

In tutta Europa, visti i rigurgiti di nazismo e fascismo, le forze politiche democratiche dovranno intervenire per combattere tutte le forme di negazione dei diritti e delle libertà democratiche, anche in quei Paesi, come la Polonia, l’Ungheria, la Bielorussia, dove hanno trovato forme legali.

Anche in Italia si  avvertono segnali preoccupanti, tanto più pericolosi se si pensa che soltanto tra un anno ricorrerà il centenario dell’avvento del Fascismo, il cui capo, Benito Mussolini, sembra aver trovato un emulo proprio in Trump il quale ha dato applicazione ad un progetto che Mussolini aveva solo minacciato: trasformare l’aula parlamentare in un ‘bivacco di manipoli’.

Di fronte a tutto questo, dicevo, la repressione non basta. E’ urgente porsi un problema di quale attività culturale svolgere anche per rendere individuabili le fake news che trovano terreno fertile nell’approssimazione, nell’incultura, nel non inserire l’informazione corretta tra i valori fondanti della democrazia. Articolo 21, che è un faro per questi temi, credo debba sposare un’iniziativa che serva a scuotere le coscienze dei singoli democratici, delle associazioni, delle istituzioni.

E’ stata l’istruzione, nel secondo dopoguerra, a spazzare via nostalgie e rigurgiti di fascismo. La conoscenza ha cambiato gli italiani. Ora bisogna rimboccarsi le maniche perché per troppo tempo abbiamo pensato che quanto acquisito non potesse andare disperso. Purtroppo non è così, anche perché abbiamo lasciato  affermarsi disvalori divenuti rapidamente, per colpa degli interessi di mercato e di pigrizia politica, punti solidi di riferimento: il denaro, la competizione senza regole, l’affermazione di sé a tutti i costi e con tutti i mezzi. E per colpa del trasformismo politico. Difficile accettare senza commenti l’immagine di Salvini che, dopo aver indossato per tutta la campagna elettorale la mascherina inneggiante a Trump, ora si presenta con quella che riproduce il volto di Paolo Borsellino!

Quanto è accaduto in questi giorni a Washington deve servire da ammonimento e lezione.

Ottavio Olita, portavoce Articolo21 Sardegna


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