Chi è Kamala Harris? Due libri sono arrivati in queste ore sul mercato italiano per aiutarci a capire meglio da dove arriva la nuova vicepresidente degli Stati Uniti che affiancherà Biden nell’impegnativo lavoro di guarire e riunire l’America dopo i 4 anni tumultuosi di Trump. Si tratta della sua autobiografia “Le nostre verità” edita da la nave di Teseo – già uscita negli Usa nel 2019 – alla vigilia della sua decisione di candidarsi nella corsa alla Casa Bianca e poi “A proposito di Kamala, una vita americana” di Dan Morain per Solferino. Ammettiamolo, è a lei che abbiamo guardato il giorno del giuramento a Washington, la prima donna ad arrivare alla carica di vicepresidente, la prima nera di origini indiane a afroamericane. L’incarnazione del sogno americano che ogni immigrato ha quando sbarca negli Usa.
Succede ancora oggi che l’ingranaggio si è inceppato bloccato da crisi economiche e pandemia. E’ successo per i genitori di Kamala Harris, come racconta in prima persona lei stessa. La loro storia d’amore all’Università di Berkeley in California dove entrambi studiavano:la madre Shyamala Gopalan giunta dall’India e figlia di un potente funzionario governativo inseguiva il suo sogno poi realizzato di diventare una scienziata esperta di lotta al cancro, il padre Donald Harris con borsa di studio dalla Giamaica sarebbe diventato un importante economista di Stanford dove è tuttora professore emerito. Due intellettuali impegnati nella difesa dei diritti negli anni delle rivolte studentesche, molto diversi dalla carovana di immigrati senza documenti odierni che sta marciando verso la frontiera con gli Stati Uniti. “Dal mio passeggino sentivo gridare la parola LIBERTA” racconta Kamala Harris che, quando i genitori si separano, cresce con la madre e la sorella Maya nelle comunità nere. Del padre parla pochissimo.
La figura della madre, morta nel 2009 di cancro al colon, è determinante nella sua formazione, come ha più volte ricordato nei suoi discorsi pubblici e nei suoi libri. Una madre modello per la figlia che le dice sin da piccola : “Sarai la prima a fare molte cose, ma ricordati di non essere l’ultima” E quello diventerà il suo motto nella vita. E’ stata tra le prime bambine a partecipare al programma di integrazione nelle scuole negli anni 70. Tutte le mattine veniva portata in autobus dal suo quartiere di neri ad una scuola frequentata dai bianchi. A darle la vera identità di donna di colore e il marchio di garanzia arriva però la Howard University di Washington il tempio dal quale esce l’intelligenza nera negli USA. Kamala Harris diventa prima procuratore distrettuale e poi procuratore generale in California dove, ricorda Dan Morain nel suo libro, non fa sconti a nessuno e passa in alcuni casi è stata criticata per essere una donna “legge e ordine”. Non sono mancate critiche al suo lavoro da Procuratore generale per alcuni suoi provvedimenti che avrebbero penalizzato la gente di colore. Si è battuta per esempio per ridurre l’assenteismo nelle scuole elementari senza farsi scrupolo di chiamare in causa i genitori, ha introdotto corsi di formazioni per gli agenti di polizia sui pregiudizi, ha lavorato sulle disparità razziali nel sistema giudiziario, ma secondo alcuni non abbastanza. Da senatrice ha continuato le sue battaglie a favore del controllo sulla vendita di armi, per i matrimoni tra persone dello stesso sesso, per una maternità consapevole, contro la pena di morte, il traffico di esseri umani, solo per citare alcuni dei suoi valori. Memorabili i suoi spietati interrogatori in diretta tv di Brett Kavanaugh accusato da una donna di abusi sessuali e indicato da Trump a giudice della Corte Suprema o all’ex ministro della Giustizia Jeff Session che le disse:” Mi sta rendendo nervoso”. Kamala Harris non è una persona banale che passa inosservata.
La sua presenza al fianco di Biden,il presidente più anziano degli Stati Uniti, non sarà certo defilata. Senza di lei, vicina all’ala più progressista dei democratici, probabilmente Biden non sarebbe riuscito ad arrivare alla Casa Bianca. Se avesse avuto accanto la senatrice di sinistra Elizabeth Warren o il socialista tanto amato dai giovani democratici Bernie Sanders non sarebbe riuscito a ricompattare quegli 81 milioni di elettori che lo hanno votato. Morain, giornalista di esperienza partito prima del Sacramento Bee e poi del Los Angeles Times, nel suo libro si chiede chi sia Kamala Harris veramente. Lei non gli ha concesso un’intervista ma lui, oltre ad avere attinto a piene mani dalla sua autobiografia, ha parlato con ex colleghi e amici della vicepresidente. Il suo lavoro ci aiuta ad aggiungere dei tasselli alla storia di quella che oggi è di sicuro la donna più potente d’America. Una donna ai forti principi da sempre al fianco dei deboli e senza voce, ma anche una donna che sa accettare compromessi quando ne vale la pena e che sa essere leale, ci fa capire Dan Morain. Del resto non si arriva alla poltrona di vicepresidente degli Stati Uniti se non si è capaci di muoversi nel complicato mondo della politica americana, sapendo tessere relazioni e alleanze. “Sono molto orgoglioso di te” gli ha sussurrato l’ex presidente Obama quando si sono salutati battendo i pugni pochi minuti prima del giuramento di lei. Sentiremo parlare molto di Kamala Harris, di sicuro il vicepresidente più influente della storia americana.
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