L’autorità nazionale anticorruzione nasce nel 2012 nasce in Italia con la legge 190 del 2012. A distanza di decenni dalla stagione di tangentopoli dei primi anni 90 che ha travolto una parte rilevante della classe dirigente dimostrando la diffusione e la pervasività del sistema corruttivo.
L’Anac nasce con la mission di prevenire quelli che sono i fenomeni della corruzione, interrompendo la cd delega in bianco che, per molti anni, ha portato la classe dirigente ad affidarsi esclusivamente a magistratura e forze dell’ordine nel contrasto dei fenomeni della corruzione. L’Anac ha compiti preventivi, di controllo, di garanzia nei confronti dell’azione della pa. Un ruolo fondamentale di indirizzo e di controllo lo svolge poi sui contratti pubblici (appalti, servizi di forniture e concessioni). Non va poi dimenticata il delicato compito di “sorvegliare” la trasparenza della p.a. Oggi più che mai grazie alle innovazioni legislative (dalla legge 241 del 1990 alla riforma Madia del dlgs 33 del 2013) e ad una importante evoluzione giurisprudenziale (fra tutti la sentenza dell’adunanza plenaria del consiglio di stato n 10/2020) si può parlare di un diritto alla trasparenza e alla conoscenza in capo a tutti i cittadini. Diritto che attraverso l’utilizzo dell’accesso civico si è concretizzato nel right to know (diritto a conoscere). Tale potestà in capo a ciascun componente della comunità ha finito per costituire un “nuovo” ed ulteriore strumento di controllo per l’attività della p.a. anche ai livelli più alti degli organi istituzionali. Come dimostra la vicenda relativa alla richiesta dei verbali del comitato tecnico scientifico a supporto dei DPCM del presidente del consiglio dei ministri nella fase acuta del covid 19 nella fase acuta ad opera della fondazione Einaudi (https://www.fondazioneluigieinaudi.it/ecco-la-storia-dellaccesso-agli-atti-del-comitato-tecnico-scientifico/).
L’Anac in questi anni è stata sottoposta a critiche molto forti di una parte politica che la considera “un peso ed un ostacolo alla crescita del paese. Critiche alle quali ha sempre risposto il presidente dell’autorità il magistrato Raffaele Cantone (oggi procuratore capo di Perugia). Dall’altro canto è emersa anche un modello eccessivamente burocratico degli obblighi legislativi e dell’authority anti corruzione fatto di meri adempimenti (a volte all’ombra del copia ed incolla) come è stato evidenziato da molti appartenenti alla pa e da attenti osservatori del fenomeno della corruzione. Qualcuno ha scritto provocatoriamente: “ Ma si può fare anti corruzione nonostante Anac? A dire il vero, alcune amministrazioni hanno provato a fare prevenzione della corruzione “nonostante ANAC”. Provando ad includere la società civile, adottando visioni organizzative all’avanguardia, andando oltre la gestione dei rischi fatta “software-based“. Noi ne abbiamo conosciuti molti di questi RPCT (responsabili per la prevenzione della corruzione trasparenza e per la trasparenza), donne e uomini che hanno provato e provano ad andare al cuore del problema della corruzione che è, da una parte, l’uso strumentale e tossico delle relazioni e, dall’altra, la scarsa consapevolezza da parte degli Agenti pubblici del loro ruolo (Massimo di Rienzo in https://spazioetico.com/2020/08/12/nomine-anac-si-puo-fare-prevenzione-della-corruzione-senza-anac/).
Le nomine del 9 agosto scorso, fatte dal governo Conte,, del nuovo board di Anac hanno portato sia Libera, sia un numero di autorevoli professori universitari, giuristi ed intellettuali (come il prof Nando Dalla Chiesa, il prof. Gaetano Azzariti e il giornalista Corrado Stajano) a firmare un appello (https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/08/13/allanticorruzione-servono-persone-esperte-e-indipendenti-il-parlamento-ribalti-il-grave-errore-del-governo-lappello/5899471/?utm_term=Autofeed&utm_medium=Social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR1JISgDndIm0X-Eh7hfuyyWC0FWY9sMEvZP1RsTbyjoODbY5oYSla6Lw7o#Echobox=1597425910). La critica più forte dei firmatari è indirizzata all’esecutivo per la scelta dei nuovi componenti e del suo presidente:” Con la corruzione non si può scherzare. Avremmo dovuto impararlo, con i prezzi che le abbiamo pagato, economici e civili, oltre che di qualità delle istituzioni. Meno che mai ci si può scherzare oggi, con i rischi che la crisi porta con sé, i bisogni estremi di liquidità e le necessità di rendere più agili i meccanismi di investimento. C’è bisogno più di prima di organismi di vigilanza prestigiosi, competenti e incisivi. Un’Anac senza autorevolezza, che già in partenza non rispetta i requisiti di nomina stabiliti per legge per i suoi membri, incapace di mettere in campo persone che si siano distinte nella lotta al malaffare e alla corruzione come sta scritto nella norma istitutiva, non è solo inutile. E’ dannosa. Le vicende di questi ultimi mesi ci pongono di fronte ad un bivio: da una parte il depotenziamento dell’autorità e dall’altra una suo rafforzamento. Creando un ruolo più incisivo dell’Anac, un ruolo che passi attraverso una maggiore attività sul fronte della prevenzione, della trasparenza e dei suoi poteri ispettivi. Tutti compiti di “prevenzione” che sono propri di questo organismo indipendente. Senza ulteriori modifiche legislative che servirebbero solamente a rendere maggiormente caotico ed intricato un contesto normativo già oggetto di numerosi e reiterati cambiamenti: il parlamento è intervenuto a più riprese con profonde modifiche sul codice dei contratti e degli appalti oggetto del controllo dell’autorità anti corruzione modificato sensibilmente in poco meno di due anni con il cd sblocca cantieri ed oggi con il cd decreto semplificazione. Sarebbe auspicabile che l’autorità svolgesse un monitoraggio preventivo più ampio ed incisivo sugli enti locali. Oggi come non mai il controllo degli enti locali costituisce una priorità per la lotta alla corruzione e all’inquinamento mafioso. Il numero degli scioglimenti per mafia dei consigli comunali è cresciuto negli anni fino attestarsi a 349 (https://www.avvisopubblico.it/home/home/cosa-facciamo/informare/documenti-tematici/comuni-sciolti-per-mafia/scioglimento-amministrazioni-locali-infiltrazioni-mafiose-grafici/).La lettura delle relazioni e dei decreti di scioglimento si evidenzia in primo luogo una mala admnistration ed una elusione della normativa in materia di appalti, della trasparenza e di anti corruzione negli enti locali sciolti per condizionamento mafioso. L’Anac poi dovrebbe porsi, con maggiore incisività, come “strumento di supporto” per gli amministratori e i dipendenti della pa onesti che quotidianamente contrastano le mafie e la corruzione sui propri territori finendo spesso e volentieri oggetto di pesanti attentati ed intimidazioni.