Prigionieri in libertà. 2021, corriamo verso un incerto futuro

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Domenica 8.8.88. Berlino dentro il muro. Innumerevoli e felici matrimoni. Credendo tutti nella favorevole astrale convergenza, in migliaia unirono i destini. Berlinesi d’ampio respiro, inebriati dalla loro stretta e compressa “Berliner luft”. Bolidi inauditi sfrecciavano nei brevi confusi tragitti, sempre alla fine occlusi. Prodigiose serie e modelli, veicoli sconosciuti al resto d’Europa. Portentosi meccanici cavalli che erano lanciati al certamente breve galoppo. Senza limiti di codice era la folle corsa, che nel muro comunque finiva. Potevamo soltanto supporre: era tutto un effetto della grande coercizione, di cemento e filo spinato. Che era comunque prigione. Nell’enclave di libertà.

Oggi nel mondo intero corrono disperati gli umani. Che, sempre e soltanto sappiamo, è sfogo di un senso di crescente oppressione, che non per forza deve essere prigione o quarantena. Piccolo è il mondo, come grande prigione ci comprime, nella ormai certa assenza di un decente futuro. Anche spericolati vecchietti sfrecciano su antichi e rari modelli, come per non farsi afferrare dal contagio di morte. Fine anno diventa, fine soltanto.

Inutile fuggire, sapendo che non c’è più dove andare a cercare ristoro, dovremmo finalmente capire che l’unica scelta rimane restare a guardare, con amore crescente, l’uomo e il suo mondo, che è il nostro, di tutti, per cercar  di salvare quel che resta del bello, del sensibile e vero.

Segue, pagina successiva, versione poetica.

IN LIBERTA’ PRIGIONIERI

2021, corriamo verso un incerto futuro.

 

Domenica 8.8.88.

Berlino dentro il muro.

Innumerevoli e felici matrimoni.

Credendo tutti nella favorevole

astrale convergenza,

in migliaia unirono i destini.

Berlinesi d’ampio respiro,

inebriati dalla loro stretta e compressa

“Berliner luft”.

Bolidi inauditi sfrecciavano

nei brevi confusi tragitti,

sempre alla fine occlusi.

Prodigiose serie e modelli,

veicoli sconosciuti al resto d’Europa.

Portentosi meccanici cavalli

che erano lanciati

al certamente breve galoppo.

Senza limiti di codice

era la folle corsa,

che nel muro comunque finiva.

Potevamo soltanto supporre

era tutto un effetto

della grande coercizione,

di cemento e filo spinato.

Che era comunque prigione.

Nell’enclave di libertà.

 

Oggi nel mondo intero

corrono disperati gli umani.

Che, sempre e soltanto sappiamo, è sfogo

di un senso di crescente oppressione,

che non per forza

deve essere prigione o quarantena.

Piccolo è il mondo,

come grande prigione ci comprime,

nella ormai certa assenza

di un decente futuro.

Anche spericolati vecchietti

sfrecciano su antichi e rari modelli,

come per non farsi afferrare

dal contagio di morte.

Fine anno diventa, fine soltanto.

Inutile fuggire,

sapendo che non c’è più dove andare

a cercare ristoro, dovremmo

finalmente capire che l’unica scelta

rimane restare a guardare,

con amore crescente,

l’uomo e il suo mondo,

che è il nostro, di tutti,

per cercar  di salvare

quel che resta del bello,

del sensibile e vero.                                                   Francesco Nicolosi Fazio


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