Paolo Rossi era un ragazzo come noi….Antonello Venditti aggiunse questi versi alla sua celebre “Giulio Cesare” dopo i mondiali dell’82, quelli di “campioni del mondo campioni del mondo campioni del mondo”, quelli che per almeno due generazioni vengono in mente ogni volta che, per qualsiasi ragione, si dice che abbiamo vinto. E pensare che Rossi fu scelto al posto di Pruzzo, il bomber della Roma!
L’eroe di quei giorni di luglio di 38 anni fa era indiscutibilmente Paolo Rossi, il calciatore senza troppo fisico, riscattato dallo scandalo delle scommesse, cresciuto al Lanerossi Vicenza mantenendo le sue caratteristiche di ragazzo della più ruvida campagna toscana.
Lo aveva capito l’occhio lungo di Bearzot alla viglia di un mondiale che segnò l’inizio di un decennio fondamentale, quello in cui tutti volevano uscire dagli anni del terrorismo mantenendo però i tanti diritti conquistati negli anni ’70, anni che mai ci stancheremo di chiamare anche riformisti, perché questo furono davvero e oggi lo possiamo dire con la certezza della storia, sia pure breve.
Paolo Rossi, con quel nome così normale, con la sua timidezza, il fisico esile e la faccia da bravo ragazzo, era proprio uno di noi, ma era quello che metteva a terra il Brasile con tre gol indimenticabili che l’Italia festeggiò per le strade quasi come la successiva finale con la Germania.
Nelle immagini dei meravigliosi giorni dopo la vittoria, con il grande presidente Pertini, all’arrivo a Roma, Rossi era sempre un passetto indietro, lo spostavano gli altri in prima fila.
Adesso questo anno che non ci sono più aggettivi educati per definirlo – certamente il peggiore del nuovo secolo e di molti del secolo precedente – ci porta via anche un “Pablito” ancora piuttosto giovane, con figli piccoli, una nuova vita a produrre vino, silenzioso, in disparte, tranquillo, schivo, e rimasto per sempre nei nostri cuori come l’uomo che ha fatto piangere il Brasile. Un campione del mondo, appunto.