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“Nulla su di noi senza di noi” ci dicono da tempo le persone con disabilità

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Chi sa  quante sono le persone  con  disabilità in Europa? Sono più di 50 milioni, sono il 15% della sua popolazione. In una famiglia su dieci vive una persona con una disabilità.

Pochi conoscono questi numeri, pochi conoscono i problemi sociali e della vivibilità dei disabili e delle loro famiglie quindi il primo muro da abbattere è quello dell’invisibilità, quello che possiamo fare e costruire è un futuro senza muri e barriere, un futuro di inclusione vera  di cui tutti si facciamo carico battendoci perché lo Stato sociale ed l’ assistenza sanitaria pubblica siamo all’altezza di dare risposte ad una dignità umana messa a dura prova.

Proprio per questi motivi, per far crescere coscienza e conoscenza,  il 3 dicembre è stata, e sarà, la giornata internazionale delle persone con disabilità. Il tema che l’ONU ha individuato per questo anno è “Ricostruire meglio: verso un mondo post COVI-19 inclusivo della disabilità, accessibile e sostenibile”.

Gli effetti  dell’emergenza sanitaria ci faranno trovare di fronte a difficoltà sociali quest’anno e negli anni a venire, ci dovranno impegnare a rilanciare con decisione la sfida per una cultura inclusiva tanto più necessaria perché l’ obbiettivo risulterà molto impegnativo.

In Italia solo il 31,3% delle persone con disabilità risulta occupata. La pandemia che stiamo vivendo sta mettendo in crisi l’intero mondo del lavoro e gli effetti a medio e lungo termine rischiano di essere  drammatici in modo particolare per le persone socialmente più deboli.

Già in tempi normali, anche all’interno degli ambienti di lavoro, è avvertito il rischio che le persone con disabilità possano trovarsi di fronte a situazioni di non piena inclusione, di isolamento e il protrarsi della pandemia non fa che accrescere il timore che la fragilità delle persone con disabilità possa costituire ulteriore elemento di distanza e isolamento.

Per questo da oggi è più che mai necessario dare maggiore impulso alla diffusione di una cultura dell’inclusione lavorativa: apriamo una sfida che ci coinvolge tutti, perché un ambiente di lavoro è accogliente e sostenibile se non lascia indietro nessuno ed è in grado di valorizzarsi col contributo di tutti.

L’inclusione non è però un valore scontato, un risultato che emerge in modo spontaneo; l’inclusione si afferma se si creano le condizioni di pensiero e di vedute perché ci impone di fare i conti con pregiudizi presenti nella nostra cultura. Bisognerebbe quindi promuovere un webinar sui temi dell’accessibilità e della progettazione. Saranno utili e fondamentali iniziative formative e momenti di condivisione, discussione, aperte a larghe platee.

Bisognerebbe agire con costanza e determinazione per portare a sistema quanto spesso viene ancora lasciato alla buona volontà di pochi: in ogni posto di lavoro si potrebbe assegnare un lavoratore, anche quando sia portatore di handicap, non per collocarlo in un posto “adeguato” ma, per coglierne le sue aspirazioni, inserirlo dopo una giusta preparazione in modo integrato nell’attività a parità di trattamento, con concrete opportunità di sviluppo professionale durante tutta la vita lavorativa.

Sarebbe importare quindi che in ogni posto di lavoro operi una figura professionale che sia un punto di riferimento  continuo per i lavoratori con disabilità sia nella prima fase dell’assunzione sia nello svolgimento delle mansioni o in ogni altra situazione di disagio. Per questo delicato compito sarebbe necessaria anche una ampia rete di collaborazione per contribuire a monitorare il livello di integrazione e favorire anche la presa di coscienza degli altri lavoratori e il rapporto con l’utenza esterna.


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