Nino fa settanta, d’accordo. E Frassica? La grandezza di Nino Frassica, all’anagrafe Antonio, nato a Messina l’11 dicembre 1950, dunque neo-settantenne, sta proprio nel fatto che sia sempre voluto rimanere piccolo. Un comico, un attore, un personaggio ironico, mai particolarmente impegnato, anche se tante sue intuizioni, dalle ruggenti notti arboriane degli anni Ottanta ad alcune più recenti esibizioni, hanno messo a nudo numerose storture e ipocrisie della nostra società che altri, ben piu celebrati, divi si sono sempre ben guardati dal toccare.
Nino Frassica, dicevamo, è diventato popolarissimo proprio perché ha sempre voluto essere popolare, senza mai uscire dal seminato, senza mi interpretare ruoli che non sentiva nelle sue corde, senza mai esagerare e, soprattutto, virtù comune a pochissimi, senza mai prendersi troppo sul serio, neanche quando se lo sarebbe potuto permettere.
Frassica ama, al contrario, prendersi in giro, ironizzare su se stesso, schernirsi, recitare la parte del guitto anche quando fa finta di esser serio e, grazie a questa apparente contraddizione, riesce nell’impresa di risultare serissimo e di lanciare messaggi, neanche troppo velati, che ci inducono a riflettere più di quanto non crediamo.
Il Frassica che prende in giro i quiz e una certa società dello spettacolo, il Frassica maresciallo buono in “Don Matteo”, il Frassica che tratta i temi di mafia con leggerezza ma, al contempo, con straordinaria profondità, il Frassica che è stato capace di passare, in quattro decenni, dall'”arboristeria” a mille altri ruoli, il Frassica che sembra sempre un tipo scanzonato, ridanciano ed essenza stessa del buon umore è, in realtà, un attore di primo livello, versatile, poliedrico, curioso, intelligente come pochi ed emblema di quella bella tradizione italiana di varietà e commedia che, con gusto, ha saputo accompagnare la crescita e lo sviluppo del nostro Paese, mettendone in evidenza i difetti ma senza mai pronunciare le parole apodittiche di condanna che una parte della critica, ahinoi troppo seriosa e fuori sincrono rispetto alla gente comune, si sarebbe aspettata. Anche per questo, quando pensiamo alla ciurma del capitano Arbore, al loro talento nel cazzeggiare, ai loro sketch memorabili e alle trovate con cui hanno allietato serate e nottate, tanto che molti l’indomani si recavano in ufficio con le occhiaie pur di non perderseli, ci rendiamo conto di cosa ci abbiano regalato e di cosa abbiamo perduto rispetto ad allora. Non sappiamo più prenderci in giro, non sappiamo più essere leggeri nel senso calviniano del termine, non sappiamo più ridere dei nostri vizi, non sappiamo più uscire da un contesto di drammatizzazione costante e disumano; in poche parole, non sappiamo più essere umani quando, invece, di umanità ce ne sarebbe più che mai bisogno.
Auguroni Nino! E salutarci Frassica, se lo incontri!
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