Già dieci anni, caro Monicelli! Dieci anni da quella bruttissima sera del 29 novembre 2010 quando, ormai prossimo alla morte a causa di un cancro alla prostata, uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale decise di porre fine alla propria vita, lanciandosi dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni Addolorata presso cui era ricoverato.
C’è poco da aggiungere sul tanto che è già stato detto e scritto a proposito di questo cineasta, ma una riflessione, a dieci anni di distanza, è doveroso compierla. Caro Mario, la rivoluzione che tanto auspicavi, la scossa che sarebbe servita, allora come oggi, almeno per quanto comcerne la politica italiana, purtroppo non c’è stata. La presa di coscienza popolare, la ribellione all’ingiustizia, il risveglio di una sinistra degna di questo nome, ahinoi, non sono avvenuti. Tuttavia, la generazione dei ventenni di allora, i ragazzi che manifestavano contro il governo Berlusconi e la riforma Gelmini, una piccola rivoluzione, sia pur silenziosa e senza alcuna attenzione da parte dei media, l’hanno compiuta.
Ho pensato spesso a te mentre osservavo i ragazzi in piazza per il clima, contro le ingiustizie sociali, le disuguaglianze, la violenza sulle donne. Ho pensato a te quando ho visto i giovani americani che seguivano Bernie Sanders. Ho pensato a te quando mi sono reso conto che in questo dannato decennio è comunque nata, a livello globale, una generazione bellissima, sognatrice, colta, utopista, incapace di unirsi politicamente, di fare fronte comune e di credere fino in fondo a se stessa ma nettamente diversa rispetto alle precedenti, non più ostaggio del liberismo sfrenato che ha devastato il mondo e desiderosa di compiere se non una rivoluzione, comunque un netto cambiamento del paradigma socio-economico.
Chissà come lo avresti raccontato, caro Mario, questo 2020, la pandemia, la paura, i morti, le sofferenze indicibili, le strade deserte! Chissà quanti spunti avresti tratto da questo contesto pre-rivoluzionario, in un pianeta bisognoso di cambiare pelle e di rinnovarsi in ogni settore!
Monicelli ci ha regalato capolavori come “Amici miei”, l’epopea comica di Brancaleone, “La Grande guerra” con Sordi e Gassman, “I soliti ignoti” e mille altri ritratti di un Paese che in quegli anni stava cambiando vertiginosamente mentre oggi appare fermo.
E come tutti i grandi vecchi che non invecchiano e non muoiono mai, fino all’ultimo ha testimoniato il proprio affetto e la propria vicinanza ai giovani, a cominciare dai ragazzi che sfilarono a Genova nel 2001, quando ancora si partiva dal presupposto, completamente errato e direi quasi criminale, che si potesse andare avanti lungo i binari di una crescita dissennata e volta ad arricchire a dismisura i ricchi e a impoverire drammaticamente i poveri.
Monicelli è stato straordinario dietro la macchina da presa ma è stato ancor più grandioso nella vita di tutti i giorni, nella passione politica, nell’impegno civile, nella lotta per una società, migliore e nella rivolta interiore contro la barbarie di un contesto, invece, sempre peggiore.
Dieci anni, caro Mario, già dieci anni. Non so se siamo migliori ma, di sicuro, siamo diversi e, credimi, non è poco.
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