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L’Aids non è un problema risolto

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È vero che dal 2012 in Italia si osserva una costante diminuzione dei casi di HIV, ma è altrettanto vero — lo dice l’Istituto Superiore di Sanità — che nel 2019 i casi sono stati comunque 2531 con l’incidenza più altra tra le persone di 25-29 anni e di 30-39, come è vero che nel nostro Paese ogni anno 500 persone continuano a morire a causa dell’Aids e che l’84,5% dei nuovi contagi è avvenuto a seguito di rapporti sessuali senza preservativo, a dimostrazione che nei giovani c’è ancora scarsa consapevolezza e conoscenza, a cui spesso si collega una pericolosa irresponsabilità alimentata dall’inconsistente attenzione che i media, la famiglia, la scuola e in genere le istituzioni prestano nell’ordinario a questo fenomeno.

Per questo oggi, 1° dicembre, Giornata Mondiale contro l’Aids, è una giornata importante: perché l’Aids non è un problema risolto, di quelli che puoi archiviare nella storia della medicina; perché il Covid non ha messo in quarantena gli altri virus, ma certamente ha distolto l’interesse da tutto il resto, tagliato le risorse e ampliato le disuguaglianze, tra cui quelle di accesso ai servizi salvavita; perché nei confronti di questa malattia è ancora fortissimo lo stigma e la conseguente solitudine che genera; perché non è vero che si trasmette con un bacio o una stretta di mano; perché anche in questo caso nessuno si salva da solo e, come l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo dovrebbe averci insegnato, dobbiamo guardare oltre i nostri confini e sapere che nel mondo nel 2019 sono state 1,7 milioni le nuove infezioni (quasi la metà, il 48% per la precisione, ha riguardato le donne, percentuale che nell’Africa subsahariana è salita al 59%, dove 5 su 6 nuovi casi riguardano ragazze tra i 15 e i 19 anni, contagiatesi a causa della ridottissima possibilità di accedere ai profilattici e di imporli al partner e a seguito di violenze sessuali). Perché condividere la sofferenza e le difficoltà aiuta a dimezzarle e sapere che c’è una comunità che non ti discrimina può salvarti la vita. Perché l’Aids ci riguarda, come cittadini e come giornalisti: perché quello che scriviamo può fare la differenza, può fornire strumenti ed elementi per non nutrire la convinzione che il rischio è diminuito. Solo se ne scriviamo anche domani e nei prossimi mesi e non attendiamo il 1° dicembre 2021 per riparlarne.


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