Nella pagina dei ringraziamenti, alla fine del libro, Loredana Lipperini ci informa che “La notte si avvicina” è nato a Lampedusa nel 2016 durante una residenza letteraria e che, sebbene sia uscito nel 2020 in piena pandemia Covid Sars2, salvo pochissimi interventi successivi, le scene di quarantena e le reazioni degli abitanti presenti nel testo sono tutte state scritte negli anni precedenti. “Perché la peste fa parte della nostra storia e per quanto cambi il mondo, difficilmente cambiano le nostre reazioni”. La precisazione si rende necessaria perché il libro narra la storia di un’immaginaria epidemia di peste che nel 2008 si propaga in un piccolo paese di quattrocento abitanti nelle montagne dell’Umbria. Del resto la peste ha una storia molto antica e nella complessa costruzione del romanzo l’autrice trova il modo di ricordare autori che l’hanno raccontata o rappresentata a partire da Tucidide, Ovidio, Lucrezio ai cronisti Giovanni Villani, John Clyn al pittore Nicolas Poussin e ci fornisce dettagli sulla peste del Trecento, del 1630, della peste di Londra del 1665 e del misterioso spopolamento di interi paesi. Tanto che Virginia, quella che verrà erroneamente considerata il paziente zero, si ricorderà di aver letto questa frase: “L’umanità non è che quella sottile striscia di terra che si stende tra un’ondata e l’altra della peste – emergendo allo scoperto soltanto quando la marea si ritira – prima di risalire e sommergerci di nuovo”.
Loredana Lipperini è una scrittrice complessa e raffinata, che oltre all’attività di giornalista e di saggista ha al proprio attivo una produzione fantasy con l’eteronimo di Laura Manni e di genere fantastico con alcuni romanzi e il libro di racconti del 2019 “Magia nera”. Per “La notte si avvicina” crea una trama densa, in cui ritroviamo una delle caratteristiche predominanti della scrittura di Lipperini, la contaminazione tra narrazione fantastica e ricostruzione storico giornalistica. Reale e fantastico mescolati insieme si alimentano l’un l’altro “poiché il vero è assai più complicato del reale”. Con un movimento illusionistico della scrittura mette insieme storia, microstoria e fantastico, confezionando un romanzo che parla anche di noi oggi.
Vallescura è un paese delle Marche, “è una striscia di terra che si allunga fra le montagne, la stessa strada lo percorre da nord a sud e i vicoli si arrampicano verso l’alto o scendono fino agli argini, come sempre. E’ facile circondarlo, è facile chiudere dentro chi vuole fuggire.” E’ già stato distrutto da un terremoto nel 1988 ed è risorto, ricostruito uguale a prima. Ma piano piano si è richiuso in se stesso perché niente muti e nessun estraneo possa modificare qualcosa. Vallescura ha un’anima nera, ci sono antiche leggende, misteri che ormai nessuno conosce, fatti di sangue su cui si fa cadere l’oblio e c’è una donna, una strega? che veglia e sorveglia perché tutto fili liscio e tutto rimanga uguale secondo le tradizioni della comunità. Già ci è stato detto che all’origine della peste del Trecento c’era stato anche il rifiuto del mondo di allora di aprirsi a un rinnovamento economico e organizzativo. Anche a Vallescura sarà la chiusura, il rifiuto degli estranei che possono portare il nuovo a contribuire alla rovina. Ma qual è stato l’inizio dell’epidemia? La febbre non è stato l’inizio, è solo una conseguenza e “La morte è l’ultima conseguenza, che chiude un periodo di disancoramento”. Perché molti sono gli inizi di un’epidemia e le cause sono plurime.
La voce narrante è quella di una delle due sopravvissute alla peste, morta però tre mesi dopo per un banale incidente domestico e che dalla sua condizione di morta accompagna col racconto di una sua ricostruzione di quanto accaduto l’altra sopravvissuta, una giovane donna che è tornata al paese dopo la fine dell’epidemia per onorare i morti, per capire e forse per dare nuova vita al luogo. In tutta la prima parte del romanzo, quella in cui l’autrice getta i numerosi fili della trama che si intrecceranno e si salderanno nella complessa storia dell’epidemia vera e propria, veniamo coinvolti in un’ampia riflessione su quali possano essere gli inizi e le cause di un’epidemia. Ci sono presagi, segni? No. E se ci fossero non li sapremmo leggere, ottusi nel nostro quotidiano. Ci sono fatti. Ma, suggerisce la voce narrante, “I fatti non sono mai sufficienti… per questo è importante cercare altri inizi, che non sono legati ai fatti, ma coincidono, l’uno dopo l’altro, con la fine di un’epoca e con l’apertura di un nuovo ciclo che ha portato al nostro tempo, al 2008, che a sua volta, probabilmente ne aprirà un altro ancora e questo altro potrebbe essere persino peggiore della peste”. La voce narrante cita fatti, eventi degli anni ’90 a livello internazionale, nazionale, locale, richiama canzoni, programmi televisivi, abitudini di quegli anni. Cose che anche noi ricordiamo più o meno confusamente.
Ma non si era più lucidi nemmeno allora, quando dopo il periodo delle bombe, degli attentati ai treni, del terremoto, dell’incidente di Vermicino si era ritenuto fosse venuto il momento di farsi gli affari propri. “L’inizio è plurale e va trovato qui” ci avverte. E come non sentirsi chiamati in causa oggi, immersi nella pandemia, se ripensiamo al senso di sazietà e di benessere con cui solo un anno fa viaggiavamo, andavamo a teatro, al cinema e consumavamo riti collettivi? Anche se leggevamo, se ci sentivamo impegnati, anche se non siamo cattivi. Perché le domande che nascono dalla storia di Vallescura sono molte e ci si interroga sul bene e il male, dove e quando attecchisca il male, su chi è buono e chi è cattivo e se anche i buoni possono fare il male. L’inizio è plurale, ci ha detto la voce narrante e quindi intreccia ai fatti pubblici le storie di Maria e di Sara, di Chiara, di Aurelia, di Carmen e di altri personaggi i cui destini si incroceranno fatalmente nel paese di Vallescura, in un susseguirsi di eventi che ci catturano fino alla fine. Si parla di miti e leggende, di streghe cattive e streghe buone, ma chi nella vita non ha incontrato qualcuno che sembra agire come una strega cattiva o che, come una strega buona, pare dare grazia e senso a tutto ciò che tocca?
Nella storia si parla di bambini, di maternità mancate e di molto dolore, che conduce il paese a quel disancoramento fino al disastro della peste, in uno scontro impari con la natura. Ma “La natura è più forte degli uomini. Gli uomini possono sperare di batterla, momentaneamente, solo unendosi.” Anche la popolazione di Vallescura è stata cancellata da una di quelle ondate che di tanto in tanto sommergono l’umanità, ma Carmen, la giovane sopravvissuta tornerà là, perché è sempre dalla memoria del passato che deve nascere una ripartenza e perché nonostante tutto la vita è più forte.
Loredana Lipperini, La notte si avvicina, Bompiani 2020