«Si devono intercettare le grandi reti dell’imprenditorialità sociale e trasformarle in acceleratori di imprese». È questa la sfida che soprattutto il sud Italia deve vincere e con la quale potrà sperimentare un nuovo modello di sviluppo e arginare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico. Ne è convinto Mario Calderini, professore ordinario di Social Innovation alla School of management del Politecnico di Milano, direttore di Tiresia (uno dei più importanti Centri di ricerca sull’innovazione sociale e la finanza per l’impatto esistenti a livello internazionale) e portavoce di Torino Social Impact. Il professore Calderini si è confrontato con il mondo accademico e imprenditoriale calabrese grazie a un interessante webinar, organizzato da Annarita Trotta, professoressa ordinaria di Economia degli intermediari finanziari del- l’Università “Magna Grecia” di Catanzaro.
Un confronto a più voci che ha coinvolto anche importanti realtà degli atenei di Cosenza e Reggio Calabria. Ma, a margine del webinar, il prof. Calderini ha suggerito come poter applicare “il modello Torino” alla Calabria. «Torino Social Impact – ha spiegato – è un’iniziativa nata qualche anno fa con l’ambizione di intercettare le opportunità derivanti dalla finanza ad impatto. Abbiamo ritenuto che per un ecosistema come quello di Torino fosse interessante costruire una piattaforma dal basso coinvolgendo piccole e medie imprese e organizzazione del terzo settore per fare finanza di impatto sociale. A Torino c’erano grandi ingredienti che si prestavano a realizzare una finanza orientata all’impatto e un sottostante tecnologico antico che non è irrilevante. In questo modello l’offerta di capitale è fatta da un insieme di imprese che vengono dal sociale e che si candidano a costruire un sistema».
La piattaforma ha uno scopo ben preciso. «Essere generatore di nuovi soggetti e far nascere una finanza sociale con strumenti adatti», è la chiave di volta di questo modello. Ma assieme a questo, «Torino Social Impact – ha affermato il professore Calderini – ha una serie di iniziative e promozioni che intersecheranno anche quello che accadrà con il Recovery fund e c’è tutta una linea che farà della finanza di impatto un asse di lavoro di sviluppo. In questo senso, Torino ha fatto un’azione anticipatrice». Calderini non ha dubbi: «Il mio sogno? Sarebbe quello di poter replicare questo modello in Calabria e nel Sud, in generale, ma anche in parti del Nord post-industriale. In Italia ci sono circa 18mila organizzazioni a vocazione sociale.
Facciamo una scommessa: prendiamo le forme di vitalità della società – che ci sono in Calabria come ci sono ovunque – e le facciamo incontrare con dei capitali adatti. Nel futuro non ci sarà un business che non sarà sociale. La Calabria ha le carte in regola per realizzare ciò. Sto facendo due esperimenti, uno a Torino e uno nell’area dell’Expo 2015 per cercare poi di replicarlo in luoghi con caratteristiche difficili e complicate e su questo costruire modelli vincenti». C’è poi da affrontare la questione Recovery fund. «In Italia manca tantissimo un riferimento alle forze sociali. Bisogna mettere insieme iniziative che si strutturino dal basso e non siano legate alle amministrazioni pubbliche per generare progettualità. Il Recovery plan dovrebbe pensare al protagonismo delle forze sociali in modo inclusivo e questo vale soprattutto per quei luoghi in cui l’industria è ormai molto debole».