Livia Giustolisi ci ha lasciati. Se l’è portata via il Covid 19 a 69 anni, senza darci il tempo di capire cosa stesse accadendo.
Scrivere queste righe è un esercizio doloroso, non ero certa di riuscirci.
Per Pino Scaccia non ce l’avevo fatta.
Ma oggi, a due mesi dalla perdita di un altro amico e collega che tanto ha rappresentato per me, per tutti noi di Articolo 21, era doveroso trovare la forza per ricordare l’impegno di Livia, prima come ‘giornalaia’, come lei amava schernirsi, poi come animatrice del premio Franco Giustolisi, per la libertà di informazione e quei giornalisti che, come suo padre ispiratore del premio, realizzano inchieste difficili svelando misteri e ingiustizie altrimenti destinati all’oblio.
E’ così che il rapporto con Livia, sempre cordiale negli anni ma non intimo, si era intensificato trasformandosi in un’amicizia sincera.
Quando a inizio novembre mi arrivò la sua telefonata, con l’annuncio che avevo vinto l’edizione 2020 del premio “Verità e giustizia Franco Giustolisi” restammo al telefono per un’ora.
La sua passione, il suo entusiasmo per il giornalismo di inchiesta tanto caro a suo padre, erano impetuosi come il suo carattere, che la portavano a terribili sfuriate se incompresa, come a gesti di immenso amore e altruismo quando riconosceva la buonafede delle persone.
Ciò che ha cementato negli ultimi due mesi il nostro legame, fatto di chiamate e messaggi quotidiani, è stata quella sintonia che lei stessa, nel rispondere al mio commento all’annuncio del riconoscimento, aveva definito forte e sincera.
Mi aveva raccontato di come, a sei anni dalla scomparsa di suo padre, continuasse ogni giorno a sentire accanto a sé la sua presenza, un’ispirazione costane che l’aiutava ad affrontare anche le giornate più pesanti, dure, ansiogene.
Il Premio, istituito un anno dopo la morte di Franco, ha raggiunto ottimi risultati diventando riferimento per la buona informazione.
Livia era entusiasta della partecipazione di colleghe e colleghi da tutto il Paese, certa che suo padre sarebbe stato orgoglioso di ognuno di loro, della sua Giuria e del Comune di Fivizzano, a lui tanto caro, di cui era cittadino onorario.
Il riconoscimento, arrivato alla sua sesta edizione, ha toccato in questi cinque anni diversi luoghi teatro di stragi nazifasciste tra il 1943 e il 1945 e al centro del lavoro di ricerche giornalistiche di Franco Giustolisi per l’“Espresso” culminate nell’inchiesta su “L’armadio della vergogna”, poi divenuto un libro edito da Nutrimenti: da Sant’anna di Stazzema a Marzabotto, da Boves a Capistrello, da Roccaraso a Fivizzano.
Ed è proprio nella cittadina in provincia di Massa Carrara, appena sarà possibile ritrovarsi in presenza, magari sul lastricato della bella piazza centrale, una perla sperduta fra i monti Toscani, come la descriveva Carducci, sarebbe bello celebrare non solo il premio Giustolisi ma ricordate la vita e l’impegno di Livia, la cui impetuosa generosità mancherà infinitamente.